Paolo Trionfini. Catellani (Ac): Sguardo profondo sulla realtà
Dalla presidenza dell'AC di Carpi alle responsabilità nazionali
Festa dell’Azione Cattolica di Carpi, 2007: da sinistra Paolo Trionfini, mons. Gildo Manicardi e don Carlo Gasperi (archivio Notizie)
Cristina Catellani*
Da anni ormai non incontravo Paolo personalmente. L’ho incontrato invece attraverso le sue parole: i suoi libri, articoli, registrazioni di conferenze. La notizia del suo malore, poi della sua morte mi ha lasciata sbigottita: mi ha dato la sensazione di un percorso interrotto, mi ha fatto riflettere su quanto è vera e difficile la Parola “i miei pensieri non sono i vostri pensieri”. Quello che, nonostante la nostra fede nella risurrezione, spesso proviamo di fronte alle morti improvvise e ancora lontane dalla soglia della vecchiaia. E con questa fede sofferta ho guardato indietro alla stagione nella quale Paolo ha servito con grande intelligenza e generosità l’associazione nella quale entrambi siamo cresciuti e in cui abbiamo collaborato, l’Azione Cattolica.
Ha respirato lo stile associativo in famiglia e nella sua parrocchia di Mirandola. Poco più che ventenne, con la vicepresidenza giovani, incarico che ha svolto per due trienni negli anni Ottanta, è entrato in una collaborazione ancora più stretta con il centro diocesano, collaborazione che poi con ruoli diversi ha proseguito fino a quando nel 2001 mi è succeduto come presidente diocesano. Al termine della sua presidenza, nel corso della quale tra l’altro ha rinforzato il legame con il centro nazionale, è stato chiamato ad assumere l’incarico di vicepresidente nazionale adulti e con il centro nazionale ha poi collaborato anche in qualità di studioso, come membro del comitato di redazione di alcune riviste e come direttore dell’Istituto Paolo VI. In uno snodo complesso e pieno di incognite per l’Azione Cattolica Italiana, dalla modifica dello Statuto ai cambiamenti del clima ecclesiale e politico.
Paolo era un uomo poco loquace: quando nelle riunioni prendeva la parola, si trattava sempre di considerazioni meditate, originali, acute, eppure mai arrivava a perorare con calore le proprie posizioni. Sempre rispettoso delle opinioni altrui e del funzionamento democratico dell’associazione, imbrigliava con la sua timidezza la lucidità e profondità dei propri pensieri e sempre ha preferito eccedere in prudenza che rischiare l’avventatezza. La sua conoscenza profondissima della storia della chiesa contemporanea (il suo ambito di studio) gli permetteva di avere uno sguardo più penetrante anche sulla dimensione locale e di suggerire – sulle questioni dibattute – prospettive diverse dalla vulgata, che permettevano di uscire dal formato talvolta semplicistico o ingenuo che non di rado assume il dibattito pubblico. Una attitudine che ha coniugato con la capacità di mai provare, e men che meno mostrare, senso di superiorità, sempre con spirito di servizio alla verità.
La dedizione allo studio era certo l’elemento chiave della sua professione, ma quello studio era anche lo strumento della sua comprensione delle singole persone, quelle che incontrava direttamente e quelle che fanno ormai parte della storia: penso alle ricerche dedicate a Mamma Nina, Odoardo Focherini, Zeno Saltini, per restare nel territorio carpigiano, ma anche a tante altre figure che hanno dato contributi importanti alla vita della chiesa italiana del Novecento, Gioacchino Malavasi, Francesco Luigi Ferrari, Ermanno Gorrieri. Poi soprattutto di don Primo Mazzolari e Aldo Moro, agli scritti dei quali stava dedicando un lavoro accurato. Come a dire che ciascuno di noi e ciascuno di coloro che ci hanno preceduto è un tassello di una storia in cui non si può scindere il privato dal pubblico, il politico dall’ecclesiale. Anche quando tra le due dimensioni gli equilibri sembrano impossibili da raggiungere.
Conservo il ricordo delle sue battute fulminanti, ma mai sarcastiche; della presenza tranquilla in tanti momenti formativi o decisionali di AC, quando la varietà delle persone rischiava di diventare disarmonia; dello sguardo attento sulla vita ecclesiale, capace di sdrammatizzare senza mai tradire la serietà dei problemi.
La storia dell’Azione Cattolica, con cui Paolo ha percorso un lungo tratto della sua vita terrena, conserverà l’impronta del suo contributo all’intelligenza collettiva della realtà ecclesiale, contributo in cui si sono incontrati l’appassionato associato e il fine studioso.
*già presidente Azione Cattolica Diocesana Carpi