Chi rispetta ancora la vita?
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon
Per chi crede in Dio la sacralità della vita è in relazione proprio al Dio in cui si crede: egli è il Creatore e la sua volontà di volermi o di volere un’altra persona attraverso l’atto generativo dei genitori va rispettata fino in fondo. Se la sacralità della vita per un credente dipende dalla fede in Dio, la sacralità della vita intesa come bene supremo può essere accolta anche da un non credente, anche da un ateo, ed è sicuramente compresa dall’intelletto e dal cuore di chi desidera la massima comprensione, tutela e promozione della vita dell’uomo a prescindere che sia o meno il riflesso della volontà divina. Questa dimensione del sacro che prescinde anche da Dio, oggi è veramente dimenticata e rientra in modo distorto nel paradigma culturale prettamente scientista che impera ai giorni nostri. Nei tempi antichi tre erano gli eventi della vita dell’uomo considerati sacri: la nascita, il matrimonio e la morte. Questi eventi erano accompagnati da festeggiamenti, da gioia e rispetto, ed erano momenti di eccezionale importanza. Oggi non solo hanno perso di valore ma sono addirittura negati attraverso un richiamo legale che permette all’uomo di togliere la vita quando sta per nascere o quando è troppo vecchia e di recidere il legame matrimoniale quando le cose non vanno più come un tempo. La domanda di oggi è: perché l’uomo, anche non credente, non rispetta ciò che c’è di più grande di lui… la vita? Per rispettarla non occorre avere fede ma è sufficiente l’attività neuronale che la più laica natura ci ha dotato al momento della nascita.