Il cardinale Zuppi loda il progetto Tavola Amica
Il commento del Presidente della CEI a margine del convegno di giovedì 10 aprile
“Tavola Amica è un’esperienza importante, pratica e concreta”: così il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, presidente della Cei, ha definito il progetto carpigiano nato due anni fa dalla sinergia di “Ho avuto Sete” e cooperativa sociale “Il Mantello”, durante l’incontro del 10 aprile. “Un’esperienza che mi ricorda due momenti”, ha proseguito Zuppi. Il primo è legato alla mensa creata nella sua seconda parrocchia: “Non era semplicemente una ‘mensa’, ma un ‘mangiare insieme’, aperto ad accogliere tutti. Era come la tavola di casa, di famiglia, una famiglia un po’ ‘allargata’, e c’era ancora qualcosa di sano, del ‘più siamo meglio stiamo’”. Il secondo si rifà ad una visita di Papa Benedetto alla mensa della comunità di sant’Egidio: “Ricordo le sue parole: ‘Qui si confonde chi serve e chi è servito’. Significa che la mensa è una sola, che si mangia assieme, che c’è un unico condimento che serve a tutti, e appunto, si confonde ‘chi serve e chi è servito’ perché si è tutti assolutamente uguali”. Rifacendosi ai principi di Tavola Amica, il cardinale Zuppi ha ribadito che si tratta di “tematiche belle in cui non c’è alcuna traccia di narcisismo, come emerge anche dal titolo scelto, ‘Il coraggio di cambiare’: si passa dalla solitudine alla comunità, dall’io al noi. Il che non significa la fine dell’io, ma è esattamente il contrario, non si può trovare l’io senza il noi”.
“L’esperienza del Covid ci ha insegnato che abbiamo bisogno degli altri: abbiamo scoperto quanto è indispensabile non essere soli e non lasciare soli. Chi non ha avuto un parente, un amico che non ha potuto salutare? Lì eravamo fisicamente soli, ma dovremmo chiederci come è possibile che accettiamo di stare soli? I riferimenti comunitari sono diventati molto virtuali, qualche volta inesistenti ha sottolineato il presidente della Cei -. C’è un dato demografico: in Italia il 36% nuclei familiari è composto da una persona sola e questo crea inevitabili conseguenze. Di solito quando uno è solo cerca gli altri, allora dovremmo chiederci, perché non cerchiamo gli altri? Qualche volta ci accontentiamo dei legami virtuali, oppure prevale la paura, altre volte preferiamo navigare in alta quota con internet piuttosto che fare 50 metri per andare a trovare qualcuno vicino casa. Forse è proprio su questo che dobbiamo riflettere”.
Maria Silvia Cabri