Dallo zapping imprenditoriale alla gestione consapevole
“Lo sportello di Notizie”: Guido Zaccarelli, consulente d’azienda, docente Unimore, Cavaliere al Merito della Repubblica, dottore e consulente in Management e Innovazione, interviene su questioni inerenti il vivere quotidiano
Nel contesto attuale, molte imprese si trovano a navigare in un panorama economico sempre più incerto. La recente reintroduzione di dazi e politiche protezionistiche da parte degli Stati Uniti, con l’arrivo di Trump, ha generato una condizione economica complessa, difficile da decifrare. Di fronte a questo scenario, numerosi imprenditori si potrebbero muovere in modo disorganizzato, quasi istintivo e confuso, senza cercare di assegnare un ordine naturale alle cose, come se stessero facendo “zapping” con un telecomando: passando da una soluzione all’altra senza una visione d’insieme, senza un filo conduttore che le colleghi. Un comportamento che non tiene conto della complessità e della necessità di pianificare. Questa reattività frammentata richiama un’immagine proposta da Immanuel Kant, secondo cui il mondo della conoscenza è come un’isola – il mondo fenomenico – circondata da un oceano vasto e tempestoso: il noumeno, cioè la realtà profonda e non immediatamente conoscibile. In questa visione, l’imprenditore moderno si trova sospeso tra ciò che riesce a comprendere e ciò che gli sfugge, immerso in un mare di variabili globali, commerciali e politiche. L’imprenditore, proprio come ogni individuo che cerca di comprendere la realtà, è costretto a confrontarsi con l’imprevedibilità dell’ambiente che lo circonda.
Kant sosteneva che l’intelletto, da solo, non è sufficiente: è la facoltà che analizza, distingue, separa, ma resta confinato nell’isola del già noto. Per andare oltre i limiti dell’isola del conosciuto e affrontare l’oceano dell’incertezza, è necessario lasciare che la ragione assuma il controllo. La ragione, infatti, è la facoltà che ci consente di operare una sintesi tra i vari frammenti di conoscenza e di tracciare un quadro complessivo che ci permette di capire come i singoli pezzi possano integrarsi in un sistema. A tal proposito, Vito Mancuso, nel suo libro “Destinazione Speranza”, a pagina 155, sottolinea come Kant distingua tra l’intelletto, la facoltà analitica della mente, e la ragione, la facoltà sintetica. Mentre l’intelletto coglie con le sue analisi aspetti determinati della realtà – come la storia, la fisica, la matematica – la ragione mira a cogliere la realtà nel suo insieme, prefigurando un sistema, l’unità di un molteplice di conoscenze sotto un’unica idea. Questo passaggio è fondamentale per comprendere come affrontare la complessità economica contemporanea, dove i dati e gli eventi si intrecciano in modo talvolta imprevedibile, ma che devono essere letti attraverso una visione d’insieme. In questo contesto si inserisce il concetto manageriale di Helicopter View: la capacità di sollevarsi rispetto alla realtà operativa e osservare l’organizzazione e i problemi dall’alto, cogliendone la complessità nel suo insieme.
Se un imprenditore non riesce a osservare il percorso dall’alto, ma vive solo la navigazione in mare, si espone al rischio di restare intrappolato nei dettagli e di perdere l’orientamento. La Helicopter View consente, infatti, di allontanarsi dalla superficie e di osservare l’intero sistema per capire la direzione in cui si sta andando, prima di intraprendere decisioni critiche. Senza una “visione dall’alto”, e senza l’attivazione di un team coeso e preparato, capace di operare in sinergia con l’imprenditore, il rischio è quello di cadere nello zapping imprenditoriale: scelte tattiche, improvvisate, frammentarie, scollegate da una visione strategica. Si rischia di fare movimento senza direzione, come nel caso di un telecomando che cambia canale senza una chiara motivazione. Solo una leadership che guarda dall’alto e che si affida a un’organizzazione coesa e allineata può affrontare con lucidità il disordine apparente della realtà economica. Questo comportamento disordinato è il segno di una gestione incapace di trasformare la complessità in complicatezza: una forma organizzata, strutturabile, riducibile in elementi gestibili. È proprio questo passaggio, dalla complessità caotica alla complicatezza razionale, che consente all’impresa di navigare anche in mari agitati.
L’imprenditore che sa cogliere la differenza tra ciò che è complesso e ciò che è complicato è in grado di organizzare l’incertezza, facendo un passo verso una maggiore chiarezza e comprendendo come orientarsi nel caos. Anche la temporalità gioca un ruolo decisivo nella gestione dell’incertezza. Kant non si limita a parlare dello spazio della conoscenza, ma riflette anche sul tempo come condizione fondamentale del pensiero. In situazioni di crisi o ambiguità, la tentazione può essere quella di agire subito, spinti dalla paura e dall’urgenza di rispondere ai cambiamenti esterni. Tuttavia, la vera decisione richiede anche l’attesa: non un’attesa inerte o passiva, bensì un’attesa consapevole, preparatoria, che elabora il quadro e ne osserva l’evoluzione. Trattenere l’impulso e lasciare che la ragione configuri lo scenario prima di agire è una forma di intelligenza profonda. La scelta efficace nasce da una tensione tra l’attesa e l’azione, tra il pensiero e la volontà. È proprio questo equilibrio tra riflessione e azione a distinguere un’imprenditoria consapevole da una che reagisce senza ragionare. La vera sfida, dunque, è quella di tradurre l’imprevedibilità economica – come quella che stiamo osservando con i dazi americani – in un quadro comprensibile. Per farlo, è necessario che gli imprenditori non restino confinati alla superficie del problema, ma che affrontino le acque profonde dell’analisi, della pianificazione e della comprensione sistemica. Solo così si può evitare il rischio di trovarsi in un circolo vizioso di risposte immediate e poco riflettute.