Introduzione di mons. Erio Castellucci alla seconda assemblea del Cammino Sinodale
Sintesi della relazione introduttiva tenuta da monsignor Erio Castellucci, in qualità di presidente del Comitato Nazionale del Cammino sinodale, alla seconda assemblea del Cammino Sinodale della Chiesa italiana, in corso a Roma fino al 3 aprile
Foto Siciliani – Gennari / SIR
E’ in corso di svolgimento, fino al 3 aprile, a Roma, la seconda assemblea del Cammino Sinodale della chiesa italiana. Mons. Erio Castellucci, in qualità di Presidente del Comitato Nazionale del Cammino sinodale ha tenuto la relazione introduttiva di cui pubblichiamo un’ampia sintesi. Accogliamo la parola del nostro Pastore rivolta prima di tutto alle comunità diocesane da lui guidate e incamminate verso l’unificazione.
+ Erio Castellucci
Rammentiamo i frutti del Cammino sinodale già maturati: l’attiva presenza di innumerevoli germogli evangelici nelle nostre comunità cristiane e civili, pur tra tante crisi e solitudini; l’esperienza dell’ascolto reciproco che, specialmente attraverso la “conversazione nello Spirito”, chiede insistentemente di diventare stile permanente dei nostri incontri; la sorpresa di trovare dei mondi, prima ritenuti indifferenti e ostili, disponibili al dialogo e al confronto, secondo la metodologia dei Cantieri sinodali; l’attivazione o riattivazione di alcuni Organismi di partecipazione nelle Diocesi, parrocchie e associazioni, nei gruppi e movimenti; il desiderio diffuso di essere Chiesa missionaria nel mondo contemporaneo, senza tanti lamenti e nostalgie.
Nessuno nega difficoltà, ritardi, arroccamenti, delusioni, peccati e abusi. Semplicemente diciamo – e dopo questi quattro anni constatiamo – che la nostra Chiesa è viva: certo in forme diverse rispetto al passato anche recente, ma è comunque viva, non sta vegetando, non si trova in uno stadio terminale; semplicemente sta cercando di ascoltare la voce dello Spirito, che reclama modalità di presenza e azione rinnovate. Né facili entusiasmi che preconizzino una nuova primavera della Chiesa, né facili scoraggiamenti che annuncino un declino inevitabile. Chi ha preso parte, in qualsiasi modo, al Cammino sinodale, adotta piuttosto un sano realismo, a partire da un dato di fede: lo Spirito del Signore Risorto non si è ritirato a vita privata, ma continua a soffiare nella vita normale delle nostre comunità. Lo Spirito continua a produrre il frutto, la carità, che San Paolo esprime in tutte le sue sfumature: gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé (cf. Gal 5,22). Questa quotidiana trama di bene, che sfugge alle statistiche, è anche la ricchezza più grande – e spesso nascosta – rilevata nei quattro anni sinodali.
Il libro delle Proposizioni
Quando avviammo questo Cammino insieme al Sinodo della Chiesa universale, ci ponemmo come obiettivo principale non un nuovo libro ma un nuovo stile; il libro, pur necessario, è funzionale a fissare, mantenere e verificare lo stile. Il libro delle Proposizioni, che abbiamo ora in mano, è un documento “di passaggio” verso il testo finale, che uscirà dalla prossima Assemblea della CEI di fine maggio. (…)
Profezia e sinodalità
La fase profetica, di cui stiamo vivendo una tappa significativa, anziché condensare le altre due – narrativa e sapienziale – intende recuperarle; tenendo presente che la profezia nella Chiesa non si incarna solo sui carismi dei singoli profeti, che pure lo Spirito non fa mancare, ma domanda di essere condivisa, perché possiamo essere un “popolo profetico”. Il Concilio Vaticano II, di cui celebreremo a fine anno il sessantesimo anniversario della chiusura, nel denso testo di Lumen Gentium 12 così parlava della profezia: «Il popolo santo di Dio partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo diffondendo dovunque la viva testimonianza di lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità, e con l’offrire a Dio un sacrificio di lode, cioè frutto di labbra acclamanti al nome suo (cfr. Eb 13,15)». Anche la profezia, dunque, richiede sinodalità. Papa Francesco ci sta offrendo fin dall’inizio del suo ministero una singolare testimonianza di unità tra carisma profetico e ministero istituzionale, rappresentando entrambe le dimensioni nella concreta forma del servizio petrino da lui scelta e vissuta. Così dimostra una volta di più che non ha senso la contrapposizione tra ministero e carisma, tra profezia e istituzione. Certo, nella pratica l’istituzione rischia di fatto la sclerosi se non si imbeve di profezia e questa rischia di fatto l’anarchia se si sottrae alla comunione istituzionale. Ma di principio sono due dimensioni che si richiedono vicendevolmente. Nessuno di noi, quindi, deve temere che gli altri vogliano ridurre la profezia o, al contrario, scardinare l’istituzione. La Chiesa nella sua interezza, come Popolo di Dio pellegrino nella storia, incarna entrambe le dimensioni.
La testimonianza di Papa Francesco
Azzarderei qualcosa in più, pensando ancora alla testimonianza di Papa Francesco, che ci appare ancora più grande in queste settimane di sofferenza così intensa per lui. La vera profezia, oggi, è la scelta di affermare nella vita e nelle parole il Vangelo integrale, mostrando che “tutto è connesso”: che la persona umana va custodita sia nella sua dignità individuale, inviolabile e indisponibile, che la rende soggetto di diritti, sia nella sua vocazione relazionale, che le assegna dei doveri nei confronti della società; che proprio questa dignità ci porta a rispettare allo stesso modo la vita nascente e morente, come la vita degli indigenti e dei migranti; che la cura della pace e del creato vive della stessa logica della cura della famiglia e dell’educazione. (…)
Cammino di speranza
La nostra Assemblea si svolge nel cuore dell’Anno giubilare e nel cuore dei luoghi giubilari: Roma, San Pietro, a due passi dalla Tomba dell’Apostolo e dai suoi successori. È un dono grande, irripetibile almeno in tempi brevi. Un dono che invita a leggere il nostro Cammino sinodale come pellegrinaggio di speranza. Papa Francesco ha scelto questo motto per l’attuale Giubileo, «pellegrini di speranza», in una fase di riscoperta della sinodalità ecclesiale. Non ha scelto, ad esempio, “fari di speranza”, come se noi, già arrivati alla meta, fossimo semplicemente chiamati a irradiare sugli altri le ragioni della nostra speranza. No: ci ha collocati una volta di più sul tragitto, in cammino con tutti gli altri: non però come vagabondi o fuggiaschi, come se non avessimo nulla da dire e da dare, ma appunto come “pellegrini”, che si affiancano a tutti, testimoniando la fatica di camminare verso la meta. Questo solo, con la forza dello Spirito, possiamo offrire alle sorelle e ai fratelli che percorrono gli stessi sentieri: la condivisione delle fatiche e delle gioie, l’accoglienza di ciascuno a partire dal punto in cui si trova, la disponibilità a fare strada insieme, lasciandosi provocare dagli altri e provocandoli, a nostra volta, a scoprire la meta comune: Cristo risorto, che ha inaugurato il Regno di Dio.
La relazione integrale è disponibile su www.camminosinodale.chiesacattolica.it