IA e diagnosi
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon
Sempre più spesso si parla di intelligenza artificiale e della sua applicazione alla medicina. Uno studio interessante ha cercato di approfondire la ricerca riguardo alla qualità del ragionamento diagnostico: per formulare una diagnosi e, comunque, un ragionamento clinico, è migliore l’intelligenza artificiale o il medico in carne ed ossa con la sua esperienza e professionalità? Questo studio ha rilevato che l’intelligenza artificiale ha superato i medici; sono stati coinvolti 39 medici di due centri accademici di Boston e il modello di IA generativa gpt-4. Ai partecipanti sono stati presentati 20 casi clinici simulati riguardanti problemi patologici comuni come faringite, mal di testa o dolore addominale e tosse. I medici dovevano interpretare i sintomi e i risultati diagnostici, fare diagnosi differenziale con spiegazioni approfondite e anche abbozzare diagnosi alternative.
I risultati hanno mostrato che l’IA ha ottenuto un punteggio medio superiore a quello dei medici esibendo un ragionamento più articolato. Questi dati inducono sempre di più a pensare ad una vera e propria interazione tra uomo e macchina per potenziarne il risultato ma mai per sostituire l’uomo. Di sicuro, dove l’uomo non andrebbe mai sostituito, è nella parte comunicativa ed empatica, anzi, dovremmo implementare molto la formazione dei medici per poter sempre meglio e di più interagire con pazienti e parenti nel miglior modo possibile: anche questo fa parte ed entra a pieno titolo nel percorso per ottenere una diagnosi corretta. Per avere un equilibrato approccio al paziente, occorrerebbe una equilibrata offerta di prestazione umano/cibernetica per ottenere una risposta all’uomo malato sempre più ottimale, lasciando l’ambito relazionale al solo uomo perché solo lui può approcciarsi al suo simile in maniera empatica e prospettica per una ottimizzazione della cura.