Convegno missionario, la gioia dell’incontro
Importante momento di formazione al Convegno missionario nazionale dei seminaristi
di Matteo Vincenzi, seminarista
Al 68° Convegno missionario nazionale dei seminaristi, tenutosi a Reggio Calabria dal 26 febbraio al 1 marzo, la chiave di lettura che è stata data per poter parlare di missione è stata: “Un banchetto per tutte le genti”. Ogni relazione, infatti, ogni testimonianza, ogni discussione, hanno fatto della convivialità il loro punto focale. Il punto di partenza di un’opera missionaria non è un contenuto dottrinale o un immediato confronto tra le differenze riscontrate – che siano di etnia, religione o ideologia -, bensì un genuino incontro umano, in cui l’amore per il prossimo diventa solido fondamento su cui costruire un rapporto fraterno segnato dalla gioia di vivere assieme. È su questa base che si potrà incarnare il kerigma, l’annuncio pasquale di salvezza per tutte le genti – primo motore dell’essenza missionaria della Chiesa. Questa è, infatti, intrinsecamente missionaria, come è stato ripetuto più volte nel corso del convegno, e ciò non riguarda soltanto le missioni ad gentes ma anche quelle intra gentes, a casa propria.
È un dono del Signore la vita quotidiana, è terreno fertile affinché la sua Parola porti molto frutto, anche con tutte le sue difficoltà. Quanto sapore assumono anche i servizi parrocchiali, gli studi, le proprie e altrui azioni, quando sono mosse da uno spirito missionario, quando la gioia dell’incontro personale con Cristo risorto si incarna nella comunità in cui ci è stato fatto dono di essere mandati – che sia lontano o vicino al proprio paese d’origine.
Tutti gli incontri al Convegno con altri seminaristi, con altre culture, con le difficili situazioni – per esempio in ambito di accoglienza migranti – in cui molti volontari a Reggio Calabria si devono battere giornalmente con fortezza, hanno donato a chi vi ha partecipato un profondo senso di gratitudine e attrazione non solo per le missioni ad gentes a cui forse si sarà chiamati in futuro, ma anche e soprattutto per quelle quotidiane in cui già ognuno si trova. Se ogni momento e persona, non importa quanto difficoltoso, è un dono del Signore per trovarsi assieme in un banchetto gioioso, allora cosa resta da dire se non: “Grazie, Signore. Eccomi”.