Italiani non (ancora) italiani
Stranieri e cittadinanza: le difficoltà che incontrano molti giovani anche a Carpi. Legge del 1992, tempi lunghi, tanta precarietà
di Roberta Della Sala, Segretaria della Consulta per l’Integrazione dell’Unione Terre d’Argine
Il vocabolario Treccani definisce l’“italianità” come “l’essere conforme a ciò che si considera peculiarmente italiano o proprio degli Italiani nella lingua, nell’indole, nel costume, nella cultura, nella civiltà, e sim”. Dunque, un modo di sentirsi, un modo di essere, uno stato d’animo. O forse un sentirsi appartenente a una certa storia, a un Paese, a una coscienza. E che succede se dentro di sé cresce e si sviluppa un senso di appartenenza a più stati d’animo, più Paesi e più lingue? In Italia, sono oltre 1 milione i cittadini e le cittadine non riconosciuti/e dallo Stato come “italiani”. Si tratta di italiani non ancora italiani. Italiani senza cittadinanza o italiani senza italianità? Ma come si diventa italiani? È solo una questione di passaporto? Di diritti, di identità, di dignità?
Il primo elemento da sottolineare è che la legge sull’acquisizione della cittadinanza è del 1992: sono trascorsi 33 anni. Quanto è cambiato il mondo in questi 33 anni, soprattutto in termini di mobilità delle persone? In base ai dati Istat, nel 2023 in Italia i nati da genitori di origine straniera sono stati 51.447, costituendo il 13,5% del totale dei nati. La regione con la più alta incidenza di nati stranieri è l’Emilia-Romagna (21,9%), seguita da Lombardia, Liguria e Veneto (18,6%).