I Lions affrontano il tema delle violenze in famiglia
Nel recente intermeeting dei Lions Club Mirandola e Ostiglia è intervenuto Gilberto Casari, presidente della Corte di Assise e della Sezione Penale del Tribunale di Mantova, per affrontare il tema delle violenze in ambito famigliare
Da sinistra Gilberto Casari, Nadia Poletti e Claudio Cella
Un importante inter-meeting dei Lions Club Mirandola e Ostiglia, svoltosi lo scorso 25 febbraio, ha visto l’autorevole intervento del dottor Gilberto Casari, originario di Mirandola, dove ancora vivono gli anziani genitori, assieme a molti amici, tra cui ex-compagni di scuola e colleghi delle prime esperienze di lavoro, che lo ricordano e che erano presenti alla serata. Il dottor Casari è attualmente presidente della Corte di Assise e della Sezione Penale del Tribunale di Mantova, nonché presidente vicario dello stesso tribunale, approdato all’incarico dopo una carriera quasi trentennale nella magistratura (requirente e giudicante), presso alcuni tribunali e procure dell’Italia settentrionale (Bologna, Torino, Piacenza e Mantova). Ha avuto modo di occuparsi di reati famigliari, sessuali e in danno di soggetti anziani e/o disabili, divenendone “specialista”, per cui il tema della sua relazione è stato “Le violenze in famiglia” che ben si integra con l’intento di Nadia Poletti, presidente del Lions Club Mirandola, di trattare argomenti legati alla famiglia nel corso di questo anno lionistico. Il relatore era accompagnato dalla moglie, signora Stefania, mentre il Lions Club Ostiglia era rappresentato da Claudio Cella, vicepresidente, e da parecchi suoi soci.
Dopo il benvenuto iniziale, il dottor Casari ha iniziato la relazione suddividendo le tipologie dei reati famigliari in due categorie. La prima di esse riguarda i reati che non sono strutturalmente legati solo alla sfera famigliare. Fra questi si enumerano gli omicidi volontari (comprendenti anche i femminicidi) e preterintenzionali, le lesioni volontarie, le violenze sessuali e altri reati commessi con violenza (come le rapine, le estorsioni, gli atti persecutori, lo stalking, ecc.). La seconda è invece quella dei reati strutturalmente famigliari. Ad essa appartengono: la violenza attuata coi mezzi correzionali, messa in atto soprattutto nelle famiglie di tipo paternalistico (oggi non più tanto frequenti), i maltrattamenti in famiglia con vessazioni morali e/o fisiche, anche in forma omissiva, umiliazioni, stalking, altre situazioni di sofferenza alle quali, ad esempio, si applica la “legge del codice rosso” (che rafforza la tutela di coloro che subiscono violenza per atti persecutori) e la violenza “assistita” (ossia subita dai minori che assistono a violenze e alterchi in famiglia). Il relatore ha sottolineato che i reati famigliari sono talora delicati, poiché la parte offesa è un componente della famiglia, per cui può essere difficile raccogliere testimonianze veritiere sui fatti. Il codice civile infatti riconosce al congiunto che è chiamato a testimoniare contro un familiare la facoltà di avvalersi del diritto di non rispondere; essa non è riconosciuta se il congiunto è la vittima del reato. In tal caso la vittima è obbligata a testimoniare e a dire la verità, ma a volte essa, nel momento in cui è chiamata a testimoniare, nel tentativo di salvare l’imputato, diventa reticente davanti al giudice. E qui cita il caso recente di una donna extracomunitaria al nono mese di gravidanza, “caduta” dal balcone e miracolosamente salvatasi, che in un primo momento aveva cercato di non attribuire al marito la responsabilità della sua caduta, ma che in una successiva intervista televisiva si era tradita ammettendo invece che c’era stata una spinta volontaria del congiunto, intesa a sopprimerla. Il relatore è passato infine a parlare dei reali di violenza sessuale, dal 1996 classificati come reati contro la persona e non più contro la morale. In questo caso, quando il soggetto coinvolto è un minore ci possono essere grosse difficoltà a ricostruire i fatti. Allora di solito si procede con un incidente probatorio, ossia si cerca di acquisire le prove nella fase delle indagini preliminari, senza attendere il dibattimento. La capacità di testimoniare del minore è lasciata alla valutazione del perito nominato dal giudice il quale invece deve accertarne l’attendibilità, esaminando la sua condotta di vita. Il giudice viene così a trovarsi fra due fuochi: da una parte deve applicare la legge, con tutto ciò che ne consegue, dall’altra deve “proteggere” la vittima e l’indagato, deve, cioè, prima di tutto appurare i fatti e poi applicare la legge, avendo sempre ben presente che il suo compito è quello di decidere con imparzialità, nel rispetto di tutte le parti del processo.
Su queste considerazioni, tese a dare conto delle difficoltà incontrate a volte dai giudici (che sono uomini e non macchine) nello svolgimento del loro lavoro e delle responsabilità che si assumono nei confronti di tutti, l’intervento del dottor Casari si è concluso. I.P.