Giovanni Arletti (UCID): “Economia Civile” per cambiare rotta
"Un modello di sviluppo inclusivo, partecipato e collaborativo che parte dal basso e rappresenta una valida risposta alle difficoltà del nostro tempo"
Giovanni Arletti, presidente UCID Modena
“Lo stabilimento all’interno del carcere”: questo il titolo dell’incontro promosso dalla Sezione UCID di Modena, che si svolgerà giovedì 20 febbraio, alle 18, nella sede di Confindustria di Modena. Saranno presentati due progetti che trasformano la detenzione in luogo di speranza per un futuro di lavoro fuori dal carcere. A Modena la Coop. Sociale Eortè nella Casa Circondariale costituisce il laboratorio gastronomico Sant’ Anna Artigiani della pasta. A Bologna Fare Impresa in Dozza (FID) è un progetto attivo da dodici anni presso il carcere di Bologna, rappresenta un’iniziativa innovativa che unisce formazione e reintegrazione sociale per i detenuti.
Sul punto interviene a tutto tondo Giovanni Arletti, presidente UCID Modena.
A fine 2023 è stato nominato presidente UCID Modena: che cosa è UCID?
L’acronimo UCID è l’Unione Cristiana di Imprenditori e Dirigenti. E’ un’associazione di persone che dal 1947 accoglie coloro che, con un ruolo di responsabilità, intendono impegnarsi a testimoniare con coerenza il messaggio evangelico e la Dottrina Sociale della Chiesa.
Che cosa propone l’UCID?
La crisi dimostra il fallimento dei modelli economici che hanno dominato negli ultimi decenni. Per cambiare rotta c’è un contesto nuovo ed è l’Economia Civile, un modello di sviluppo inclusivo, partecipato e collaborativo che parte dal basso e rappresenta una valida risposta alle difficoltà del nostro tempo. L’UCID propone l’Economia Civile come modello ed aiutare le imprese a certificarsi ESG.
Quindi occorre un cambiamento?
Se si osservano i risultati politici, economici e culturali dell’Occidente in trent’anni, si ha la conferma che la risposta tecnocratica, anche in termini di singola leadership, ha fallito. In particolare, l’Occidente ha dimostrato di non saper liberarsi della burocrazia esistente e autoprodotta, né di saper affrontare il futuro. Siamo in presenza di organizzazioni, talmente indebolite dal male prodotto dall’attuale modello, da rendere impraticabile non solo una modifica ma pure una pesante ristrutturazione. È necessaria una rifondazione, per questo che come UCID noi proponiamo il modello di Economia Civile.
Che differenza c’è fra l’Economia Classica e quella Civile?
Mentre per l’Economia Classica l’importante è la massimizzazione del bene totale, del Pil, per l’Economia Civile invece il fine è la realizzazione del bene comune. Si intende pensare al sistema economico basato su alcuni principi come la reciprocità, la gratuità e la fraternità, che superano la supremazia del solo profitto. L’Economia Classica considera l’economia un’attività che non ha nulla a che vedere con l’etica e la politica; l’Economia Civile esige che tra le tre sfere vi sia un dialogo continuo.
Quali sono i pilastri dell’Economia Civile?
L’Economia Civile si fonda sulle virtù civiche e sulla natura socievole dell’essere umano, il quale è spinto ad incontrarsi, anche nel mercato, con l’altro. I pilastri tipici dell’Economia Civile sono la virtù, la socialità e la felicità.
L’Economia Civile può sostituire il modello esistente?
Sì, è una prospettiva culturale di interpretazione dell’intera economia, alla base teoria economica di mercato fondata sui principi di reciprocità e fraternità, alternativi a quella capitalistica.
Come è nato l’incontro UCID del 20 febbraio sull’azienda all’interno delle carceri?
In un momento come questo, crisi globali e diseguaglianze sociali bussano con maggior insistenza alle porte delle nostre aziende. Oggi chi fa impresa deve guardare anche fuori dei propri confini non è più sufficiente fare impresa bene se il contesto non funziona così abbiamo pensato di far conoscere queste esperienze concrete, in quanto hanno l’obiettivo di sviluppare competenze tecniche e relazionali per i detenuti che intraprendono il percorso, configurando un modello di reintegrazione socio-lavorativa originale e potenzialmente riproducibile in altri contesti penitenziari.
Nelle carceri di Bologna c’è già la fabbrica interna?
FID-Fare impresa in Dozza è un’azienda nata all’interno del penitenziario bolognese, allo scopo di facilitare il reinserimento lavorativo dei detenuti, una volta tornati in libertà. Per raccontare lo straordinario valore umano e sociale di tale progetto, interverrà Maurizio Marchesini, presidente della Fabbrica e Vicepresidente di Confindustria.
Come vede l’impresa oggi? Che differenza c’è fra Intelligenza Artificiale e automazione?
Automazione vuol dire mettere nell’impresa il robot, vuol dire toglierti la fatica di cose ripetitive o pesanti. L’intelligenza artificiale non sostituisce i muscoli, sostituisce la testa. Questo comporterà delle conseguenze, perché interviene su quella che si chiama la capacità decisionale, e soprattutto il cosiddetto libero arbitrio.
I vari Mask Zuckerberg e altri hanno detto che sarà necessario introdurre un redito universale: che cosa ne pensa?
Sì, questo ormai circola da diversi anni. Personalmente più che per il redito universale, io sono per il lavoro universale, perché il lavoro è un bisogno umano fondamentale, e in quanto tale è un diritto. Attenzione, in quanto bisogno è un diritto non il contrario. In alcuni periodi storici i diritti sono stati messi da parte, ma il bisogno se è fondamentale non può mai essere messo in disparte.
Ma per i sindacati è un diritto
Come si fa a non capire queste cose, è colpa anche del sindacato che sbaglia. Insistono con il diritto che però non può essere attuato se ci sono emergenze diverse. Se invece siamo in presenza di un bisogno fondamentale e quindi un diritto, anche se c’è l’emergenza un modo si trova. Ecco il principio di fraternità: in passato quando c’era poco da mangiare si divideva quello che c’era e tutti mangiavano.
Quindi si deve partire dall’idea del bisogno?
Si occorre partire dall’idea che il lavoro è un bisogno, le nuove tecnologie debbono essere utilizzate per ampliare la platea dei lavori. Anziché ridurlo.
La politica può fare qualche cosa?
Sì, la politica è importante, la politica come attività umana che tende al bene comune. Dobbiamo fare in modo che le nuove intelligenze artificiali siano usate bene. Al momento sono cinque, ma fra un po’ saranno sei: la sesta si chiama intelligenza organoide e, in America per il momento è stata bloccata, perché ritenuta pericolosa.
Quindi che ruolo devono avere le nuove tecnologie?
Noi dobbiamo dire sì alle nuove tecnologie, guai fermare il progresso. Io sono un fautore dell’automazione. Il problema è il bilancio economico, dove dentro ci deve essere tutto. E se si analizza, non è detto che l’automazione sia la soluzione per tutto.
Per concludere, chi è pronto per la Space Economy?
Chi riconosce le proprie Core Competence cioè quei saperi che sono dentro l’azienda e che possono essere applicati in vari ambiti e non solo ad un prodotto o ad un processo. Inoltre, chi riesce ancora a fermarsi a guardare le stelle perché sono la fonte della vita.