Insulti a Liliana Segre: la condanna della Fondazione Fossoli
"C'è una linea da non oltrepassare, le vittime di ieri non possono diventare i bersagli di oggi"
Liliana Segre, la senatrice a vita sopravvissuta ai campi di sterminio, ancora una volta è stata bersaglio dell’odio sui social. E’ accaduto a Modena come in altre città italiane. È bastato che il cinema Raffaello di Modena postasse sulla sua pagina social la programmazione del documentario “Liliana” del regista Ruggero Gabbai, perché gli odiatori da tastiera si scatenassero con insulti irripetibili, tra antisemitismo e pro-Pal.
Netta la condanna del gesto da parte della presidente della Fondazione Fossoli, Manuela Ghizzoni: “Liliana Segre è un’amica della Fondazione Fossoli. Ma anche se non lo fosse, anche se non fosse mai stata a Carpi, in visita al Campo e al Museo Monumento al Deportato, oggi saremmo comunque intervenuti per affermare che è venuto il momento di tracciare una linea netta da non oltrepassare, perché la situazione sta degenerando in maniera non più tollerabile”. “La Fondazione Fossoli – prosegue Ghizzoni – si occupa da anni di conservare la memoria della Shoah, e non può assistere in silenzio alla crescente ondata di risentimento della quale è bersaglio la senatrice Segre. Se il dibattito, anche acceso, sulle complesse e dolorose questioni che riguardano il conflitto tra Israele e Palestina, è assolutamente legittimo; se, di più, il confronto di idee e visioni anche radicalmente contrastanti rappresenta il lievito della democrazia; se accadimenti della portata di quelli che sono avvenuti e stanno avvenendo in quei territori interroga la coscienza di ogni cittadino che creda sinceramente nel valore della pace; tutto questo non può mai, in nessun caso, legittimare o giustificare gli insulti e le aggressioni verbali a coloro che, vittime della persecuzione nazifascista, sono sopravvissute alla tragedia della Shoah. Va detto con chiarezza: il tono dei commenti in questione è esattamente antisemita. Non si tratta infatti di critiche nei confronti della politica di Israele, che, come detto, sarebbero assolutamente legittime, bensì di espressioni limpidamente antisemite poiché esprimono pregiudizio, ostilità e violenza verbale a Liliana Segre per le sue origini ebraiche. Occorre, a nostro avviso, che tutti gli uomini e le donne di buona volontà, le istituzioni e il mondo dell’associazionismo facciano sentire la propria voce, per ribadire che c’è una linea da non oltrepassare, che le vittime di ieri non possono diventare i bersagli di oggi, che ognuno ha diritto a esprimere la propria opinione senza per questo divenire l’obiettivo sul quale sfogare la frustrazione e la rabbia per un conflitto che così tanto dolore sta causando anche in chi lo osserva da lontano”. “D’altronde – conclude la presidente della Fondazione Fossoli – come possiamo anche soltanto sperare che israeliani e palestinesi trovino il modo di riprendere un difficilissimo percorso di dialogo per la costruzione di quella pace che ora sembra così lontana, se noi per primi, dalla comodità delle nostre società ordinate e sicure, non riusciamo a confrontarci senza cedere all’odio e alla violenza, che, seppur verbale, rimane tuttavia violenza? Inoltre non è insultando una donna reduce dai Auschwitz che si può in alcun modo giovare la causa palestinese. Il 28 gennaio Anna Foa sarà a Carpi per incontrare gli studenti, e siamo certi che si parlerà inevitabilmente anche del conflitto israelo-palestinese. Ma nello spirito, appunto, del confronto civile, della capacità di non semplificare, né di diventare tifosi, ma di sforzarsi di interrogarsi sui punti di vista e il dolore dell’Altro. Per quanto possa essere estremamente complesso, occorre ritrovare la strada del dialogo e del confronto, anche nelle nostre comunità, in Italia e in Europa. Ma per farlo, il prerequisito è che si stigmatizzino senza mezzi termini episodi come gli insulti a Liliana Segre, perché soltanto da questa base comune, da questo pre-requisito, può iniziare un confronto. È nostra responsabilità, di tutti, come cittadini e come organizzazioni, perché, se non saremo in grado di farlo, se non riusciremo a ripristinare un clima favorevole al dialogo, il rischio concreto è quello di aggiungere, alla lunga lista delle vittime di questo terribile conflitto, anche la nostra capacità di convivere”.