Missioni, un’esperienza di confronto
Resoconto e spunti di riflessione dal forum organizzato a Montesilvano (Pescara) da Missio
di Don Antonio Dotti
Ho avuto il piacere e la responsabilità di iscrivermi al forum missionario “Cantiere Missione – vivere nel mondo il dono e la cura”, organizzato da Missio, l’ufficio Cei per la cooperazione missionaria tra le Chiese, a Montesilvano (Pescara), dall’11 al 14 novembre scorsi.
Guidati dal direttore don Giuseppe Pizzoli, oltre 400 partecipanti da tutta Italia, espressione dei centri missionari diocesani delle oltre 200 diocesi (mi dicevano quasi la metà rappresentate effettivamente), diverse famiglie religiose maschili e femminili, una parte del mondo del volontariato internazionale (soprattutto Focsiv).
Anche se si è trattato di un’esperienza di confronto e arricchimento dalle tante esperienze, di ascolto di testimonianze di vita evangelica autentica (dal missionario comboniano dal Brasile alla rappresentante della Comunità Papa Giovanni XXIII in Sri Lanka; dal sacerdote messicano alla giornalista osservatrice di quanto avviene in Medio Oriente; dal missionario comboniano a Castelvolturno alla missionaria laica in Madagascar; fino agli sposi fidei donum, rientrati a Milano dopo tanti anni passati in Perù), io sottolineo però l’impressione di una certa autoreferenzialità di questo “ambiente”, con la tentazione di mostrare in un certo “esotismo” la cifra dell’esperienza da certificare come “missionaria”. Oppure nell’autoconvincimento di “dover fare” i profeti per potersi permettere di essere riconosciuti evangelizzatori (come ad esempio l’insistenza sulla necessità di definire formalmente come ufficio CEI quanto sta subendo la popolazione palestinese a Gaza col nome “genocidio”).
Ho notato inoltre una certa scollatura dal cammino sinodale delle Chiese in Italia, orizzonte di senso poco menzionato, a parte la mappa degli ambiti di progettualità per i partecipanti, frutto della riflessione dell’anno precedente. Sono stati inoltre assenti legami con alcune tra le esperienze missionarie italiane tra le più significative: ad esempio il movimento dei circoli Laudato Si’, Cuamm, Aifo, Operazione Mato Grosso, Migrantes. Soprattutto l’assenza di una reale preghiera della Parola di Dio, affidata solo ad un intervento, tra l’altro discutibile nel suo impianto complessivo, con un’interpretazione non cattolica ma protestante del Vangelo.
Ragguardevole invece è stato contare la quantità di interventi che hanno messo al centro la compassione con gli impoveriti del nostro tempo, in tanti luoghi del pianeta, come orizzonte di autentico spirito missionario: dall’Amazzonia ai campi profughi africani, dalle rotte migratorie messicane all’umanità scartata malgascia, fino alle periferie italiane dominate dalla piaga del caporalato.
La vera scossa di questo meeting è venuta dalla riflessione del filosofo Roberto Mancini sulla necessità di uscire dalle logiche e dalle dinamiche del potere e re-imparare il lessico della compassione per il mondo. Addirittura l’abusato termine “inclusione” rivela alla luce di questa sapienza che nasce dall’ascolto degli oppressi, tutta la sua inadeguatezza come parola autoritaria: molto meglio imparare a pensare nei termini di una necessaria “libera reciprocità” fra le persone ed i popoli.
Infine ho potuto constatare che il tentativo della nostra Chiesa locale di mettere in rete tutte le esperienze missionarie attraverso lo strumento di un consiglio diocesano, rimane un’intuizione al momento non replicata in altre chiese sorelle. Paradossalmente quindi siamo stati confermati che, mantenendo questo stile sinodale, possiamo veramente affrontare con Speranza la chiamata universale all’annuncio del Regno oggi.