Le “filosofie” della bioetica
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon
Davanti all’auspicio che la bioetica sia guidata da una visione unitaria e organica del sapere, si colgono una serie di concezioni filosofiche che sgretolano e frantumano quella medesima visione, generando conseguentemente diverse prospettive bioetiche. Vorrei soffermarmi su come descrive tali concezioni S. Giovanni Paolo II, nella Lettera enciclica Fides et Ratio. Il Papa fa emergere, come primo dato fondamentale, che il substrato costituente l’orizzonte comune a tutte queste forme filosofiche è il nichilismo, rifiuto d’ogni fondamento e negazione d’ogni verità oggettiva; da qui poi derivano gli alti modelli. L’ecclettismo è un modo di procedere che tende ad associare in modo sincretico diversi pensieri filosofici, senza badare alla loro coerenza e alla loro collocazione storica. Questo crea difficoltà per chi vuole identificare la verità; è un po’ come prendere tanti ingredienti, non amalgamabili tra loro, e mescolarli per fare un dolce: si fa fatica a sentire e gustare un unico ingrediente. Questo metodo filosofico è di chi afferma che non esiste una verità, ma la verità sta da tante parti, anche se queste non sono conciliabili tra loro. Lo storicismo ritiene che la verità proclamata in un’epoca storica, non possa essere più valida in un’altra. La verità di un principio o di un valore è stabilita sulla base della sua adeguatezza in un determinato periodo; è evidente capire la negatività di quest’approccio: i valori sono mutevoli e valgono nel tempo che trovano consenso.
Il “non uccidere” d’oggi potrebbe non valere più domani. Il pragmatismo esclude il far riferimento a principi etici durante una riflessione teorica. Un comportamento può essere accettabile o meno sull’accettazione o meno della maggioranza. Si capisce chiaramente che, secondo quest’idea, l’accettabilità morale di un’azione non è formulata in base al confronto con dei valori ma secondo il parere della maggioranza: se i più decidono che quella è un’azione buona, quella diventa un’azione buona. Chiaramente non è la maggioranza a fare la bontà o meno di un’azione: un’azione è buona o cattiva in sé. Lo scientismo si rifiuta di ritenere valide forme di conoscenza che non derivino dalle scienze positive. È evidente allora che sarà vero solo ciò che è sperimentalmente provato: Dio quindi non può esistere. Questo è solo un assaggio di come si possa leggere la realtà attraverso un sapere che poggia su diverse visioni filosofiche. Terminando, propongo un utile esercizio: quando si legge o si ascolta un intervento di carattere bioetico, si cerchi di scoprire a quale filosofia di riferimento si richiama chi parla o chi scrive. Sapere come la pensa l’altro è uno strumento utile per pensare ed imparare o per prenderne le distanze o per fare tesoro di ciò che proclama.