Il ruolo ombra dei “siblings”
La figura dei fratelli e delle sorelle delle persone disabili, secondo la pedagogista Farinella
di Maria Silvia Cabri
Nel mondo, spesso complesso, della genitorialità, vi è un elemento cruciale che può influenzare le dinamiche familiari: la relazione tra fratelli e sorelle. In questo contesto, si collocano i “siblings”, termine inglese che si può tradurre come “fratello” o “sorella”. Peraltro, nella lingua italiana, quando si utilizza la parola “siblings”, si fa riferimento ai fratelli e alle sorelle di persone che necessitano di assistenza a causa di neurodiversità e/o disabilità. “La relazione tra fratelli è unica e generalmente di lunga durata, solitamente i fratelli condividono gran parte delle loro esistenze e si supportano a vicenda” (Ewertzon M. et al., 2012). La disabilità, però, è una condizione che non interessa solo la persona che ne è colpita ma investe chiunque intorno a lei. E un elemento al quale spesso non si presta la dovuta attenzione è il ruolo di una figura talvolta in ombra, quella appunto del fratello o sorella della persona disabile. “La condizione di ‘sibling’ – afferma Alessia Farinella, pedagogista che ha collaborato con l’Università di Torino, autrice di studi specifici sul tema e tra le relatrici di uno convegno dedicato che si è tenuto a Carpi, all’auditorium Loria, lo scorso 14 dicembre, dal titolo ‘La relazione fraterna nella disabilità’ – spesso è nascosta dietro la presenza dei genitori.