Apertura del Giubileo nella Diocesi di Carpi
Il 1° gennaio, Giornata mondiale della pace, in Cattedrale a Carpi, è iniziato il Giubileo con la Messa solenne presieduta dal vescovo Erio Castellucci. “Quanto più l’accoglienza della vita, la riflessione e la lode, diventano stili di singoli, comunità e popoli - ha detto nell’omelia - tanto più sarà combattuta l’ingiustizia e si affermerà la pace vera”
di Virginia Panzani
“Ave, croce di Cristo, unica speranza”. Con queste parole pronunciate dal vescovo Erio Castellucci, presentando la croce ai fedeli, sul sagrato della Cattedrale, e poi aprendo la grande porta centrale per l’ingresso in chiesa, mercoledì 1° gennaio è iniziato solennemente l’Anno Santo giubilare nella Diocesi di Carpi. La solenne concelebrazione eucaristica è stata preceduta dalla processione, che ha preso il via dalla chiesa di Santa Chiara ed è proseguita lungo corso Fanti. La croce portata lungo il corteo e poi presentata alla venerazione del popolo era quella esposta durante la beatificazione del martire Odoardo Focherini il 15 giugno 2013 e rimarrà in Cattedrale nel corso dell’Anno giubilare. A coadiuvare il Vescovo, il vicario generale, monsignor Gildo Manicardi, e numerosi sacerdoti concelebranti.
Servizio fotografico di Nicola Catellani
Tantissimi i convenuti da tutta la Diocesi, che hanno gremito la Cattedrale già da molto prima della Messa. Presenti le autorità civili, con i sindaci di Carpi e di Novi di Modena, Riccardo Righi e Enrico Diacci, le autorità militari, i membri delle diverse realtà aggregative, ecclesiali e civili.
L’inizio del Giubileo è caduto in concomitanza con la solennità di Maria Madre di Dio, la 58ª Giornata mondiale della pace, l’80° della morte del Beato Odoardo Focherini – che offrì la propria vita per il ritorno della pace nel mondo, da qui la scelta, per il Giubileo, della croce esposta durante la beatificazione -, e il quarto anniversario dell’inizio del ministero episcopale di monsignor Castellucci in Diocesi di Carpi. Hanno animato la celebrazione con i canti le Corali riunite della Diocesi.
Il tema di una “passività” da intendersi come atteggiamento di accoglienza della grazia e del dono della pace, dunque tutt’altro rispetto a qualcosa di subìto bensì un modello a cui tendere, è stato al centro dell’omelia del Vescovo, che ha preso spunto dalle letture del 1° gennaio.
“Il messaggio scelto dalla Chiesa nella liturgia di oggi – ha osservato monsignor Castellucci – è provocatorio: la pace, la grazia, la benedizione… insomma, l’essenziale per vivere da figli di Dio, va accolto come dono e non può essere conquistato come merito. Questa passività è preziosa: è l’anima di ogni nostra attività. Se noi possiamo, anzi dobbiamo operare la pace, è in forza dell’accoglienza della pace nel nostro cuore. Ecco perché i segni della pace sono così poveri, così fragili, così passivi: un figlio nato da donna, un bambino adagiato nella mangiatoia, una madre pensosa; scene che ci portano dentro una casa, in una stalla, negli ambienti domestici”.
Ma la “pace” che quel Figlio regalerà al mondo, ha sottolineato il Vescovo, non è come quella che “dà il mondo” (cf. Gv 14,27). “Il mondo, cioè l’umanità che confida in se stessa, non è in grado di dare la pace; al massimo, nelle relazioni tra individui, gruppi sociali o nazioni, arriva a stipulare tregue e trattati; quando poi non instaura quella falsa pace che impone il silenzio e addormenta gli animi davanti alle ingiustizie: la falsa pace, cioè, della dittatura e dell’indifferenza, che assomiglia a quella del cimitero, dove nessuno fiata perché non c’è più vita”. “No – ha proseguito -, la pace che ha portato Gesù è una pace armata: ‘non sono venuto a portare pace, ma una spada’ (Mt 10,34); solo che la spada non è contro qualcun altro, ma contro il male, contro l’egoismo che si annida nel nostro cuore”.
Ecco allora che la pace è frutto di una lotta, si alimenta, ha ribadito monsignor Castellucci, “accogliendo la benedizione di Dio, in quella passività preziosa di chi come Maria si lascia colmare il cuore dalla grazia; e la pace si esprime poi nella lode. La risposta adeguata a Dio che benedice è l’uomo che loda. Ma sarebbe una lode astratta e finta, se non partisse dalla lotta contro le potenze del male, dalla lama della spada che taglia via l’egoismo”.
Il Vescovo ha poi concluso l’omelia citando il messaggio di Papa Francesco per la 58ª Giornata mondiale della pace, che esorta “ad ascoltare il grido di Abele, dei tanti Abele di oggi”. “Che cosa possono un bambino adagiato sulla mangiatoia e una madre pensosa di fronte agli attentati contro la vita e la dignità umana? Un bambino e una mamma sembrano armi spuntate, scariche e già destinate in partenza a soccombere. Eppure – ha sottolineato don Erio – sono le armi vincenti: quanto più l’accoglienza della vita, la riflessione e la lode, diventano stili di singoli, comunità e popoli, tanto più sarà combattuta l’ingiustizia e si affermerà la pace vera. È un sogno? Forse: ma l’alternativa è l’incubo della morte”. Infine, l’invito da cogliere per l’Anno Santo, che, appena iniziato, chiama i credenti ad essere “pellegrini di speranza”: “Umilmente, ma decisamente, ci incamminiamo, a partire da noi stessi, sull’unica strada che promette vita: la costruzione della pace inaugurata dal Principe della pace (cf. Is 9,6), il Figlio di Dio nato da donna”.