Non esiste più la morte naturale
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon
Non molti anni fa capitava spesso di sentir dire che quell’uomo o quella donna erano morti di morte naturale. Con ciò era ovvio a tutti che probabilmente quelle persone erano molto anziane ed erano giunte al momento di dire addio alla vita. Davanti a loro, la scienza medica si era fermata, chiunque si era fermato aspettando l’ineluttabilità del destino che tocca ad ogni uomo. Oggi, per assurdo, non esistono più “morti naturali” e molto probabilmente non ne esisteranno nemmeno in futuro in quanto l’uomo muore non perché la natura fa il suo corso ma perché c’è stato un fallimento terapeutico. La morte che viene a visitare ogni uomo al momento opportuno è bloccata da una serie di interventi che, molto spesso, le impediscono di fare ciò che avrebbe fatto molto tempo prima se non ci fosse stata una medicina così ipertecnologizzata e attiva. La morte, come dice Aldo Schiavone in un suo libro, in una società tecnologicamente avanzata è una artificialità negoziata. Questo ci porta a riflettere in modo serio su ciò di cui non abbiamo mai avuto l’occasione di riflettere, ovvero, pensare a un’etica della morte.
È doverosa un’etica della morte all’interno di questi nuovi orizzonti aperti dalla scienza e dalla tecnica. Finché la morte era rimasta un evento circoscritto nella naturalità della vita, non aveva bisogno di un’etica che la riguardasse in quanto era tutto spiegabile e giustificabile. Ora non è più così: quando l’umano ha il potere di prendere il sopravvento sulla natura, imbrigliando anche la morte, allora c’è bisogno di un’etica, di una riflessione urgente sul come affrontare la situazione. L’elaborazione etica necessita di una collaborazione coraggiosa da parte della scienza, della filosofia e della politica. Per capire l’immanente dobbiamo aprirci a una trascendenza che oggi è sempre più negata, eppure, per ricollocare le cose nel giusto ordine c’è bisogno proprio di una filosofia di senso, di una bioetica che deve orientare i processi scientifici e tecnologici, altrimenti perdiamo le coordinate della nostra stessa naturale esistenza.