La differenza tra un medico-artigiano e un medico in comunione
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon
Oggi, dove si realizza un dialogo tra medico e paziente, difficilmente ci si accorge di una presenza arrogante o presuntuosa del discente ippocratico nei confronti del malcapitato uomo sofferente. In realtà, però, spesso ci s’imbatte in pazienti scontenti e insoddisfatti delle esperienze vissute con i camici bianchi: perché? Probabilmente il motivo principale è che, sotto le apparenti “buone maniere”, ciò che guida il rapporto con il paziente è il solo giudizio clinico, soppesato su parametri esclusivamente tecnici o di management, escludendo una visione più globale della persona ammalata. Il modo di fare, allora, non è il frutto della consapevolezza, dell’imprescindibile dimensione etica ma solo un grezzo “fai da te”. La dimensione etica abbraccia tutte le esigenze del rapporto e ha come obiettivo il bene del paziente e non la sola riuscita dell’elemento diagnostico, prognostico e terapeutico. Il sanitario non si deve sentire elargitore di un bene che, con sacrificio e per gentile concessione, concede al necessitante; si potrebbe dire, a mo’ di slogan, che la medicina non ha bisogno del rapporto medicopaziente, ma è il rapporto medico-paziente. Perché ciò si realizzi, occorre annullare la distanza che si instaura tra i soggetti; in questo modo si concretizza una circolarità fatta non solo dal bene ricercato dal medico verso il paziente ma dalla consapevolezza che entrambi si considerano un bene reciproco. Il coinvolgimento che deriva da un rapporto di questo tipo, può spingere sino alla vera e propria comunione tra persone ed è questo che realizza l’essenza del rapporto medico-paziente. È evidente, in ultima analisi, che il legame sarà sempre sbilanciato, ma, non sarà più esercitato sulla base del potere del camice bianco ma sulla autorevolezza della professionalità di quel soggetto e dal livello di comunione che si instaura nell’iter terapeutico. Questo farà cambiare anche l’aspetto esterno del colloquio, dall’approccio, dalla gestualità, dal livello del prendersi cura e dell’accompagnamento. Il rapporto comunionale assumerà un sapore metafisico perché il medico-artigiano si occuperà della cosa da aggiustare, il medico autentico si occuperà della persona in quanto tale.