Uniti nel dono. Il consiglio e l’importanza di una parola illuminante
Il valore del “consigliare”: per la parrocchia della Cattedrale ne parlano don Massimo Dotti, Francesco Pettenati e Teresa Gasparini
di Pietro Paulo Spigato
Che valore dai a chi è disposto a dare un consiglio a tutti, ogni volta in cui ne hanno bisogno? Da questo spunto di partenza, abbiamo dato uno sguardo alla parrocchia del Duomo (Cattedrale) di Carpi, che al suo interno vede un positivo pluralismo di modi di essere comunità. Ci siamo affidati innanzitutto alle riflessioni del parroco, don Massimo Dotti. “La prima cosa che mi viene in mente sull’offrire consigli – osserva – è quello che accade nei nostri confessionali! In Duomo c’è una certa domanda da parte di fedeli che chiedono di vivere il sacramento della Riconciliazione. Diversi sacerdoti si prestano per questo servizio di ascolto. Specialmente don Rino Bottecchi che, forte dei suoi 90 anni, resta un punto di riferimento per tanti penitenti. Ultimamente anche don Carlo Malavasi e altri presbiteri danno disponibilità di un tempo pacato, di ascolto e di offerta del perdono del Signore. Al sabato pomeriggio, per esempio, don Alessandro Sapunko si presta all’ascolto in lingua Ucraina e Russa per persone che provengono da quelle regioni martoriate e avvertono la necessità di potersi confrontare e confessare attraverso la propria lingua madre. Spesso capita che il momento della confessione sacramentale diventi l’occasione per riflettere insieme su qualche nodo che la propria vita presenta”. Uno sguardo esterno e l’esperienza di un uomo di fede, sottolinea don Massimo, “spesso suggeriscono uno spazio per abbozzare quella che può poi diventare una vera e propria direzione spirituale. Si creano legami molto importanti che a volte durano negli anni. È bello qualcuno ‘più grande’ che impara nel tempo a conoscerci bene diventando in grado, in qualche momento di necessità, di dirci una parola illuminante sulla nostra vita. Il Signore a volte si serve anche di questo per sostenerci nel cammino!”.
Con i giovani: Agesci e Azione Cattolica
Il tema del consiglio è tappa fondamentale non solo nel confessionale, ma anche nel momento di crescita di giovani e giovanissimi. Lo sanno bene Francesco Pettenati, capo scout, e Teresa Gasparini, membro dell’Azione Cattolica. “Come scout noi parliamo di sentiero in cui il ragazzo o la ragazza crescono – spiega Francesco – ed è diviso in tappe. E con il nostro aiuto ed il loro impegno diamo consiglio sulle cose importanti su cui lavorare. Piuttosto di che cosa fare diciamo come fare: è un metodo ed uno stile per crescere tramite lo scautismo. Il consiglio è trovare insieme la soluzione. Riguardo al tema di dare l’esempio è importante far passare il messaggio che nessuno è perfetto: bisogna lavorare sul chiedere aiuto e lavorare per crescere. Più che esempio come persone perfette cerchiamo di esserlo come persone che vogliono migliorarsi”. Da parte sua Teresa si esprime in sintonia con Francesco: “Penso che dare consigli sia una delle cose più difficili. Ne parlo soprattutto vestendomi del mio ‘ruolo’ di animatrice, dove i consigli vengono chiesti spesso, più o meno apertamente, da ragazzi che si trovano nel periodo più altalenante che hanno mai dovuto affrontare. Ogni qualvolta un giovanissimo si accinge timidamente a chiedere un consiglio, un parere, mi pervade sempre un senso di responsabilità. Certo, è vero anche che i consigli non devono essere per foravere za accettati, ma spesso per un adolescente la parola di un adulto, per quanto giovane, ha un grande peso. Oltre che nella dimensione fondamentale dell’ascolto, credo molto in un tipo di consiglio altrettanto importante: l’esempio. Mi auguro di poter essere qualche volta stimolo di intuizione o quantomeno di riflessione per i miei ragazzi”.
Non si può parlare della cura dei più giovani della comunità del Duomo senza citare l’Oratorio, luogo fondamentale per chiunque viva la realtà parrocchiale. “L’Oratorio Eden è per molti ragazzi quasi una seconda casa – sottolinea don Massimo – nella quale andare, ogni giorno e ad ogni ora, anche per apparentemente… non fare nulla! In questo tempo ‘vuoto’ però un educatore attento può interagire e nell’assoluta informalità creare momenti di ascolto, accogliere qualche sfogo, suscitare una riflessione sulla propria vita e sulle relazioni che in Oratorio si sviluppano. Spesso in adolescenza è più immediato aprirsi ad una figura come l’educatore, l’allenatore o il barista che con i propri genitori o familiari! Per questo è importante che lo spazio dell’Eden abbia sempre un presidio educativo: non si tratta di fare i guardiani né tantomeno i buttafuori, quanto piuttosto di rendersi prossimi nell’accoglienza”.
Con i più fragili: gli anziani e le persone sole
Non solo l’educazione dei giovani, la comunità parrocchiale del Duomo è attivissima anche nella cura delle fragilità, come sottolinea il parroco: “Abbiamo un gruppo di volontari che si prestano per fare compagnia ad anziani e persone sole. Li abbiamo chiamati ministri della consolazione, pensando a quanto sia importante irrobustire le relazioni tra persone fragili all’interno della comunità. Questi volontari recandosi nelle case imparano a districarsi tra i timori che spesso, specialmente gli anziani, hanno, anche solo ad aprire la porta, ma anche a ‘dare confidenza’ a sconosciuti, benché arrivino a nome della parrocchia. Quando funziona, si creano delle relazioni molto belle, fondate sull’ascolto e il dialogo. Qualcuno dice che si diventa ‘quasi parenti’ nel senso che la gratuità dell’incontro e la libertà da dinamiche familiari suscita un tipo di relazione molto spontanea, spesso illuminata dalla fede e dalla preghiera insieme. Alcuni di questi volontari sono anche ministri della Comunione. Poi abbiamo i cosiddetti ‘pranzi dei fragili’ nel salone della canonica: più o meno una volta al mese. Sono una occasione preziosa per stringere delle relazioni e chiacchierare di tante cose”.
Saper prendersi cura gli uni degli altri
Dopo aver esplorato queste preziose realtà dove si sperimenta il dono ed il valore del consiglio, don Massimo conclude la sua riflessione con uno speranzoso auspicio per il futuro della parrocchia: “Sarebbe bello poter favorire una disponibilità diffusa all’ascolto reciproco. Che si imparasse a prendersi davvero cura l’uno dell’altro, sapendo di poter contare sullo sguardo illuminato dalla fede delle persone che condividono con noi un cammino in gruppo o in associazione. Sarebbe bello che la parrocchia potesse favorire relazioni di qualità all’interno delle quali ciascuno si senta sostenuto, supportato e allo stesso tempo incoraggiato e spronato nei propri percorsi di vita. Quando si creano belle amicizie si avverte anche che ci si può sbilanciare su quella dimensione così preziosa, ma anche così rara, della correzione fraterna: saper prendersi cura dell’altro fino al punto di osare parole scomode ma, proprio perché sedimentate nella conoscenza reciproca e illuminate dalle fede e dalla preghiera, assolutamente preziose e necessarie in un orizzonte di autentica fraternità”.