Ti amo, Signore, mia forza
La diocesi di Carpi legge il Vangelo - Vangelo di domenica 3 novembre 2024
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
A cura Gruppo biblico della Parrocchia San Nicola – Cortile
Lectio
La pagina del Vangelo di questa domenica fa parte di un’ampia controversia tra Gesù e alcuni esponenti dell’ebraismo ufficiale costituito da sadducei, erodiani e farisei che, già dal precedente capitolo, rivolgono a Gesù domande scomode con lo scopo di metterlo in difficoltà. Ora ci viene presentato l’unico interlocutore sinceramente impegnato nella ricerca della verità, uno scriba o maestro della legge che non pone a Gesù una domanda polemica ma una questione realmente importante: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Domanda tipica dei maestri della Legge, visti i tanti precetti che erano tenuti ad osservare (613 norme di cui 248 prescrizioni e 365 proibizioni). Il protagonista del Vangelo odierno forse sopraffatto dal peso di queste leggi, si avvicina a Gesù con la necessità di alleggerire l’onere, per concentrarsi su un principio supremo capace di semplificare la vita. Interrogato riguardo al primo comandamento Gesù risponde anche sul secondo. La sua risposta si compone di due parti, ispirate a due testi biblici, rispettivamente Dt 6,45 e Lv 19,18. Per indicare il primo tra tutti i comandamenti Gesù cita lo “Shemà” (ascolta), la preghiera più importante per gli ebrei che il pio israelita aveva l’obbligo di recitare tre volte al giorno. La risposta di Gesù coniuga un’affermazione su Dio (esiste Dio, l’unico, nostro Dio) e l’imperativo di amarlo con tutte le nostre forze (con la mente, il cuore e la volontà). La seconda parte sottolinea il secondo comandamento: quello dell’amore al prossimo, riprendendo la tesi dei profeti veterotestamentari che denunciavano il contrasto tra il culto a Dio e la mancanza di amore verso i poveri: “misericordia voglio, e non sacrifici” (Mt 9,13); “amare il prossimo vale più di un olocausto” (Mc 12,33).
Meditatio
Nel nostro gruppo biblico è nata una domanda: si può amare davvero il prossimo senza credere in Dio? Esistono atei che fanno del bene agli altri…, forse non è così facile, come si supporrebbe. Amare Dio e amare il prossimo sono entrambi comandamenti importanti e si collocano nella stessa prospettiva; il primo si realizza nel secondo. D’altra parte anche i Dieci Comandamenti hanno una duplice direzione, ma quelli che riguardano Dio, cioè i primi tre, vengono prima di quelli che riguardano i rapporti verso gli altri. Si sottolinea così una necessità dell’amore: solo in Dio ha la sua sorgente.
Oratio
Qualcuno di noi ha citato l’esempio di Madre Teresa di Calcutta che prima pregava l’adorazione diverse ore al giorno e lì trovava la forza per andare verso i derelitti e curarne le fetide piaghe.
Contemplatio
“Abbiamo bisogno che tutte le azioni siano poste sotto il ‘dominio politico’ del cuore, che l’aggressività e i desideri ossessivi trovino pace nel bene maggiore che il cuore offre loro e nella forza che ha contro i mali; che anche l’intelligenza e la volontà si mettano al suo servizio, sentendo e gustando le verità piuttosto che volerle dominare come fanno spesso alcune scienze; che la volontà desideri il bene maggiore che il cuore conosce, e che anche l’immaginazione e i sentimenti si lascino moderare dal battito del cuore.
Si potrebbe dire che, in ultima analisi, io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone. L’algoritmo all’opera nel mondo digitale dimostra che i nostri pensieri e le decisioni della nostra volontà sono molto più ‘standard’ di quanto potremmo pensare. Sono facilmente prevedibili e manipolabili. Non così il cuore. (Francesco, Dilexit nos, 13s)
Fractio
La frase del nostro Vangelo, “vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio»” (v. 34) ci porta a ricordare la preghiera profonda del Signore nell’ultima cena: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,20s).
L’opera d’arte
Plautilla Nelli, Santa Caterina da Siena (seconda metà XVI secolo), Firenze, Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto. Piace suggerire una sintonia tra il ritornello del Salmo, “Ti amo, Signore, mia forza”, e la spiritualità di Santa Caterina da Siena, che scriveva: “Chi possiede l’amore di Dio, vi trova tanta gioia che … ogni gran peso gli si fa leggero”. L’opera qui a fianco è attribuita alla “prima pittrice fiorentina”, suor Plautilla Nelli, priora del monastero domenicano di Santa Caterina in Cafaggio e promotrice di una piccola bottega artistica nel convento.
La tavola rientra in una serie dello stesso soggetto, in cui, si è ipotizzato, Plautilla volle rendere omaggio anche alla propria coetanea e consorella Caterina de Ricci di Prato, che godette fama di santità già in vita: la Chiesa proibiva di raffigurare persone viventi come santi, quindi la pittrice ne evocò le sembianze sotto quelle della santa senese. Questa versione si segnala per l’atmosfera di toccante raccoglimento: Caterina, di profilo, contempla un crocifisso gigliato – il giglio rimanda all’ordine domenicano – e una lacrima le riga la guancia. In evidenza, le stigmate, “segno d’amore” ricevuto da Caterina.
V.P.