Le conclusioni sconclusionate sulle nostre forze di polizia di una Commissione europea
In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani
La Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI), istituita dal Consiglio d’Europa, è un organo indipendente cui spetta il compito di monitorare il rispetto dei diritti umani. Prima di tutto va precisato che il Consiglio d’Europa non è un’istituzione dell’Unione europea. Si tratta semplicemente di una realtà che ha sede a Strasburgo, in Francia, la quale si occupa di promuovere i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto in tutto il continente europeo. È importante precisarlo per evitare che qualcuno non si senta autorizzato a far guerra all’UE, solo perché non gli è chiaro a chi attribuire la paternità di certe affermazioni.
Nei giorni scorsi, tra lo stupore di tutti e l’indignazione di pochi, l’ECRI ha dichiarato che «in Italia ci sono numerose profilazioni razziali da parte delle forze dell’ordine, che prendono di mira soprattutto i Rom e le persone di origine africana ». Insomma, la polizia italiana, stando a questi signori, controllerebbe la gente non tanto perché sospettati di commettere reati, ma solo perché non italiani. Tutto questo, sotto l’occhio tollerante del governo, il quale non farebbe niente per evitarlo. Quindi, razzismo istituzionale. E, come se non bastasse, sempre secondo l’ECRI, la polizia avrebbe commesso abusi contro il mondo LGBTQI+, in ragione della malcelata fobia che nutrirebbe verso le questioni del gender. Chi s’è preso la briga di leggere tutto il rapporto della Commissione nei confronti dell’Italia sa che non ci sono solo cannonate. Ma a far impressione è l’attacco mirato alle forze dell’ordine, che lascia pensare al nostro Paese come a uno Stato poliziesco.
Il presidente Sergio Mattarella, con la consueta eleganza ed equilibrio, non è entrato nel merito a gamba tesa, ma ha telefonato al capo della Polizia, esprimendogli lo “stupore” per le affermazioni contenute nel rapporto della Commissione e ribadendo “stima e vicinanza alle forze dell’Ordine”. Chi doveva capire, ha capito. Se qualcuno pensava che i poliziotti facessero il loro mestiere andando nei luoghi dove più facilmente si commettono reati e dove più facilmente rischiano ogni giorno di lasciarci le penne, (spaccio, risse, violenza, furti, prostituzione, occupazione di case altrui, sfruttamento delle persone nel racket dell’accattonaggio…), d’ora in poi l’ECRI ci dice che, in realtà, il loro è soprattutto accanimento contro alcune categorie di persone in base alla loro appartenenza etnica, in particolare Rom e africani (profilazione vuol dire fare una scelta mirata dei controlli partendo appunto da pregiudizi razzisti). Ora, se quelli dell’ECRI facessero un giro nelle città, dove non esistono più isole felici, potrebbero verificare da soli se effettivamente le cose stanno come dicono loro.
Più interessante ancora è chiederci a quali fonti abbia attinto la Commissione per arrivare a queste conclusioni. Per quanto riguarda il presunto razzismo verso i Rom, le imbeccate sarebbero venute da Romania e Bulgaria, le quali hanno riferito le impressioni di alcuni loro concittadini Rom che vivono nei campi alla periferia delle nostre città. Per il resto molti dati vengono raccolti dai circoli gay, dall’Arcigay e dai movimenti transgender. Sono poi citate, come fonti preziose, alcuni articoli de Le Monde, francese, e The Guardian, inglese, giornali notoriamente di parte, ai quali non è sembrato vero tirare in ballo la campagna elettorale della Meloni e quella di Salvini e senza dimenticare il silenzio istituzionale sul libro di Vannacci. Ma perché tutto questo ricada sulle spalle della polizia, Dio solo lo sa.