Grandi cose ha fatto il Signore per noi
La diocesi di Carpi legge il Vangelo - Vangelo di domenica 27 ottobre 2024
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
A cura di Cristina Catellani, Responsabile del Laboratorio diocesano Scuola Fede Futuro
Lectio
C’è una città, Gerico, sotto il livello del mare e questa sua bassezza si oppone all’altezza di Gerusalemme, verso la quale Gesù sta andando (al termine della nostra pericope inizierà l’episodio dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme). Poi c’è una strada nella quale si trova molta gente: Gesù, i suoi discepoli, molta folla e infine, seduto, ai bordi della strada, un mendicante cieco.
Il cieco non vede, ma sente intorno a sé le persone muoversi e parlare, capisce che sta accadendo qualcosa di particolare: è l’occasione della sua vita e quindi si mette a gridare. Le prime parole sono un grido: “figlio di Davide” equivale a speranza, futuro di felicità, mantenimento di una promessa di Dio. E allora urla, anche se gli dicono di tacere. Chiede attenzione e compassione.
Cosa fanno gli altri personaggi? Molti cercano di zittirlo, lo sgridano, impediscono che ci sia comunicazione tra Bartimeo e Gesù. Che però sente ugualmente il suo grido. E immediatamente si ferma. Non chiama il cieco direttamente, ma lo fa chiamare da coloro che lo stavano sgridando perché tacesse. Chiama a conversione prima di tutto questi (forse anche i discepoli), che vogliono tenere lontano da lui, Bartimeo. Sono questi zelanti amanti dell’ordine che devono cambiare radicalmente il loro atteggiamento nei confronti di quest’uomo, seduto, non vedente, che non ha autonomia e può solo urlare.
E infatti questi vanno dal cieco, lo incoraggiano e lo fanno uscire dalla sua condizione di seduto. Il cieco si alza, con una tale foga che non gli interessa nemmeno più il mantello e, da uomo che sta seduto, diventa uno che cammina. Certamente, essendo lui cieco, qualcuno lo ha guidato per farlo arrivare fino a Gesù in mezzo alla folla (Gesù “si fermò”).
Gesù è riuscito a trasformare in missionari coloro che appena pochi minuti prima erano un ostacolo nel rapporto tra Lui e Bartimeo. Il Signore dunque gli parla, gli rivolge una domanda che lo costringe a trasformarsi in uomo di fede: “cosa vuoi che io faccia per te?“ Il cieco riconosce Gesù come maestro e come taumaturgo. Riconosce che può cambiare totalmente la sua vita. Il cambiamento avviene “subito“. Si dice che “vide di nuovo”, quindi la sua cecità non è dalla nascita. È un uomo che la vita per una qualche ragione ha accecato, ma che ora può di nuovo camminare, un discepolo che può camminare dietro il maestro, seguirlo verso Gerusalemme.
Meditatio
Quante volte come il cieco non abbiamo visto la realtà intorno a noi, i doni di Dio a noi e agli altri e ci siamo seduti, rinunciando a seguirlo? Riusciamo a gridare il nostro desiderio di speranza perché Gesù ci conduca alla fede in lui? Ma forse talvolta facciamo come i discepoli: invece di essere strumento di salvezza per gli altri, teniamo a distanza dalla chiesa coloro che gridano il loro bisogno di salvezza. Non ci accorgiamo di coloro che stanno seduti ai bordi della strada, addirittura riteniamo che non abbiano il diritto di gridare a Gesù.
Nei versetti precedenti Gesù aveva rivolto ai figli di Zebedeo la stessa domanda che rivolge al cieco: “cosa volete che io faccia per voi?” Essi avevano chiesto di occupare i posti a destra e a sinistra di Gesù. Gli altri apostoli si erano arrabbiati per questo tentativo di “sgomitare”. È un rapporto con Gesù molto diverso da quello del cieco, un mendicante, uno che sa di non possedere nulla.
Sicuramente il confronto tra l’atteggiamento degli apostoli e quello del cieco mostra che i seguaci di Gesù non hanno ancora capito tanto del loro maestro e del Suo insegnamento pasquale. Eppure anche nei loro confronti Gesù impiega una pedagogia di una delicatezza commovente: non li biasima e anzi li coinvolge e li induce a “svegliare” (“alzati” è lo stesso verbo di risorgere) il cieco.
Oratio
Ti chiediamo, Signore, di darci orecchie per udire quando non riusciamo a vedere con gli occhi, di darci la forza di gridare anche quando ci sono persone intorno a noi che non ci ritengono degni di essere ascoltati, di darci quella speranza che Dio può trasformare in fede e in sequela il nostro desiderio di amore per tutti. Ti chiediamo, Signore, di non arrogarci il diritto di zittire o sottovalutare la disperazione degli altri, anche quando essi si trovano su una strada sbagliata, ti chiediamo la grazia di coinvolgerci nel Tuo disegno di salvezza universale.
Contemplatio
Su San Rocco non abbiamo tante notizie, ma la devozione indica in lui un pellegrino (dalla Francia a Roma) che ha ascoltato la voce di coloro che erano in un certo senso ai margini della strada, gli appestati.
Fractio
“Chiamarono il cieco, dicendogli: ‘Coraggio! Àlzati, ti chiama!’”. Gesù ci dà l’opportunità di superare le nostre chiusure per fare coraggio a chi è ai margini e condurlo alla salvezza.
L’opera d’arte
Domenico Fiasella detto Il Sarzana, Cristo risana il cieco (1615 circa), Sarasota, Ringling Museum of Art (Usa). Questa tela fa da pendant ad un’altra dello stesso autore, la Resurrezione del figlio della vedova di Nain (Lc 7,11-15), dunque si collega al brano di Luca immediatamente successivo: “in quello stesso momento Gesù… donò la vista a molti ciechi” (Lc 7,21). L’opera, tuttavia, si adatta a tradurre in immagini anche l’episodio del Vangelo di Marco. Il quadro è oggi assegnato a Domenico Fiasella – detto il Sarzana dalla sua città natale -, uno dei pittori più innovativi del Seicento.
Nel suo soggiorno romano strinse amicizia con Orazio Gentileschi, grazie al quale conobbe il marchese genovese Vincenzo Giustiniani, tra i principali committenti di Caravaggio. La figura di Cristo domina la scena con risalto “statuario”: alto, in piedi, appoggia con autorità la mano sugli occhi del giovane inginocchiato davanti a lui. Seppure nella monumentalità della scena, accentuata dallo sfondo di architetture classiche, colpisce il realismo dei particolari: il modo in cui il giovane afferra il bastone, la povertà dei suoi abiti, il violino – evidente ma toccante anacronismo – con cui, umile suonatore ambulante, si guadagna da vivere.
V.P.