Intervista a don Mattia Ferrari
CulturalMente, una rubrica di Francesco Natale
Ospite di questo nuovo appuntamento di CulturalMente è don Mattia Ferrari, sacerdote modenese impegnato anche come cappellano di Mediterranea Saving Humans e da poco in libreria con il libro dal titolo “Salvato dai migranti” (EDB, 2024).
Con Nello Scavo hai affrontato il tema delle migrazioni già nel 2020 nel libro pubblicato da Garzanti “Pescatori di uomini”. Cosa ti ha colpito in questa esperienza di vicinanza ai migranti?
Moltissime cose mi hanno colpito e mi colpiscono. Più di tutte forse è il grido della fraternità che è presente in queste persone. Bussano alle porte dell’Europa in cerca di una vita degna e della fraternità. A volte noi facciamo fatica a comprenderlo proprio perché abbiamo dimenticato la fraternità, abbiamo dimenticato questo dato costitutivo della creazione, che è anche un anelito presente nel cuore di ogni persona. Le persone migranti ci aiutano proprio a riscoprire la fraternità.
Il titolo del nuovo libro, “Salvato dai migranti”, ribalta il pensiero comune secondo cui sono i migranti ad essere salvati. Perché, invece, possono salvare?
Il titolo nasce da uno slogan di Mediterranea scaturito dalla nostra esperienza: “noi li soccorriamo, loro ci salvano”. È l’esperienza che fa chiunque pratichi il soccorso in mare o l’accoglienza a terra: l’incontro con i poveri è salvifi co, perché l’amicizia con loro ci libera da tante prigioni mentali che la società ci impone e ci restituisce alla natura più autentica del nostro essere umani, ci fa riscoprire la bellezza della fraternità universale. Attraverso di loro facciamo esperienza speciale dell’amore di Gesù e di come questo amore trasfigura la vita. È un’esperienza difficile da descrivere a parole, ma chi la sperimenta la conosce.
Come cappellano di Mediterranea Saving Humans avrai toccato tante storie, una in particolare che ti ha colpito?
Tantissime storie, forse più di tutte quella di Pato. È il marito di Fati e Marie, la donna e la bambina uccise dalla sete nel deserto dopo la deportazione nel deserto da parte delle milizie tunisine. La loro foto fece il giro del mondo. Loro e Pato sono diventati il simbolo di tutti gli scartati del mondo, della violenza che il cinismo e la nostra indifferenza infliggono. Pato è stato poi preso dalle milizie libiche. Mediterranea e trasmissioni televisive come quella di Marco Damilano sono sempre state in contatto con lui. Nonostante gli appelli, non è stato evacuato. È riuscito a imbarcarsi e ad arrivare in Italia. Papa Francesco lo ha voluto incontrare e ha voluto che la foto del loro incontro venisse resa pubblica. In quella foto si vede la bellezza del Vangelo, la bellezza dell’amore di Gesù che riscatta i derelitti della terra e riscatta anche noi tutti e ci eleva alla condizione di fratelli e sorelle di Gesù e fratelli e sorelle tutti. La storia di Pato con ulteriori dettagli è raccontata nel libro.
Nel libro c’è la preziosa prefazione di Papa Francesco. La Chiesa in che modo sta operando sul tema immigrazione?
La Chiesa agisce in molti modi. Essa vive il Vangelo e lo porta nelle vicende umane. Sul fronte dell’immigrazione agisce portando l’amore di Gesù, che signifi ca accompagnare le persone migranti e accompagnare chi le soccorre e chi le accoglie. Significa essere accanto alle persone ovunque: nei luoghi di provenienza, per aiutare a creare le condizioni di giustizia che consentano alle persone anche di scegliere di non migrare, nei luoghi di transito, per aiutare le persone che si trovano in luoghi pericolosi, e nei luoghi di accoglienza, per accompagnare chi è accolto e chi accoglie. La Chiesa non fa altro che vivere e annunciare il Vangelo, portare l’amore di Gesù, aiutare le persone a diventare veramente fratelli e sorelle secondo il sogno di Dio. Lo dice il Papa nella presentazione del libro: “La Chiesa accompagna questo cammino, perché è il Vangelo che lo chiede: la Chiesa non ha alternative, se non segue il Vangelo, se non ama come Gesù ama, perde il senso stesso del suo essere. Dare carne alla fraternità universale è il sogno che Dio ci affida fin dagli inizi della creazione: chiunque partecipa a questa missione collabora al sogno di Dio”.