Rapporto Anla 2024: Nonni, pilastro e risorsa preziosa per famiglie e società
Edoardo Patriarca: “Con questa ricerca l’associazione si fa promotrice di una proposta culturale che rimette al centro l’educare all’arte del dialogo"
Superare la logica dell’assistenzialismo e concentrarsi sul riconoscimento del ruolo di primo piano che i nonni possono svolgere in famiglia e nel tessuto sociale e culturale del Paese. Un ruolo da valorizzare sempre più. Questo il senso della giornata odierna loro dedicata, e il messaggio del Rapporto Anla 2024 presentato oggi a Roma dalla sociologa Carla Collicelli.
Il secolo dei nonni. Secondo l’Istat, quasi il 50% degli italiani ha almeno un nonno vivente. Oltre il 70% degli anziani con più di 80 anni ha dei nipoti. Sono circa 12 milioni i nonni nel nostro Paese: un esercito silenzioso che svolge un ruolo strategico attraverso l’aiuto dato ai figli prendendosi cura dei loro bambini ma anche, più in generale, “per la tenuta delle famiglie rispetto alle funzioni sociali ed in particolare al rapporto con le nuove generazioni”, custodendo e tramandando i valori e l’importanza delle relazioni.Lo sostiene la sociologa Carla Collicelli, che oggi 2 ottobre, Festa dei nonni – che non a caso coincide con la memoria liturgica degli angeli custodi – ha presentato a Roma, presso l’Università Lumsa, il Rapporto Anla 2024 “Il ruolo dei nonni nella società italiana”, realizzato per l’Associazione nazionale lavoratori anziani da un’equipe di studiosi coordinata dalla stessa Collicelli. “Con questa ricerca – spiega Edoardo Patriarca, presidente nazionale Anla – l’associazione si fa promotrice di una proposta culturale che rimette al centro l’educare all’arte del dialogo, oggi sommersa dall’ individualismo e dimenticata, e una cultura della cura attenta alla persona”.
Aiuto prezioso in famiglia. La quasi totalità dei nonni (97%) non abita nella stessa casa dei nipoti, ma circa due terzi vivono nello stesso comune, il 16% nello stesso caseggiato, il 31% entro un chilometro di distanza ed il 30% a non più di 16 chilometri di distanza. Il 76% dei nonni – soprattutto i più giovani di età compresa tra i 60 e i 69 anni – vede i nipoti almeno una volta a settimana, ma un terzo se ne prende cura mentre i genitori lavorano; 3 su 10 offrono il loro supporto per impegni occasionali dei genitori o si attivano nei momenti di emergenza, in particolare i nonni che non hanno più impegni di lavoro.
Trasmissione di valori. Nonni sempre più anziani ma la cui condizione sociale, culturale e di salute “va costantemente migliorando” anche grazie a “quello che va sotto il nome di ‘invecchiamento attivo’”. Si deve anche a loro, spiega Collicelli se, “nonostante l’affievolirsi delle responsabilità educative e l’indebolimento della funzione di trasmissione dei valori”, la famiglia “continua ad essere il luogo principale dell’attenzione alla qualità della vita, al dialogo e alla comprensione”, un soggetto “socialmente affidabile” in un “panorama complessivo di crescente individualismo e deresponsabilizzazione”, fondamentale anche “nei processi di scambio democratico, di formazione dell’identità e di costruzione della fiducia”.
Quando sono gli adolescenti ad occuparsi dei nonni. E se i nonni sono soddisfatti del supporto ai nipoti, piccoli e adulti, la soddisfazione è reciproca, assicura Collicelli richiamando alcuni studi qualitativi di approfondimento sul tema. Secondo un’indagine pubblicata sull’International Journal of Care and Caring, il nostro è il primo Paese sui 6 considerati (Italia, Paesi Bassi, Slovenia, Svezia, Svizzera e Regno unito) in cui i giovani tra 15 e 17 anni si occupano nel 59,3% dei casi dei nonni.
Il sondaggio, effettuato nel 2018 su 2.099 adolescenti, mette a fuoco “l’aiuto prestato e l’impatto positivo in termini di salute mentale dei giovani stessi”.
Rapporto tra generazioni: per la sociologa si tratta di “un tema essenziale” ma “poco studiato” per diversi motivi. Tra questi “il prevalere dei valori economicistici e consumistici, a discapito di altri valori ed obiettivi attinenti alla sfera relazionale; la concentrazione delle attenzioni sociologiche e socio-statistiche sugli aspetti meno positivi dell’invecchiamento della popolazione; la crisi dei rapporti educativi”. Eppure, “dedicare maggiore attenzione alla questione del rapporto intergenerazionale tra nonni e nipoti potrebbe contribuire a rivitalizzare i valori dell’educazione e della formazione delle giovani generazioni e dell’invecchiamento attivo degli anziani; i valori etici della convivenza sociale rispetto a quelli materialistici ed economicistici; il valore delle relazioni umane significative e profonde” contro la “deriva dell’individualismo spinto e della comunicazione disintermediata e tecnologica”. Ma anche “il valore della giustizia intergenerazionale” e “l’aspirazione ad un benessere e ad una felicità che traggono linfa vitale dal valore della generatività”.
“Alla luce di queste considerazioni – conclude Collicelli – risulta davvero importante e significativo avviare un lavoro di analisi della realtà dei nonni in Italia, che prenda le mosse dalla interpretazione dei pochi dati disponibili, e punti ad individuare i tratti portanti del fenomeno ed a prefigurare futuri possibili approfondimenti di maggiore spessore”.