Intervista a don Alberto Ravagnani
CulturalMente, una rubrica di Francesco Natale
Tra i protagonisti del Festival Francescano tenutosi a Bologna c’era anche don Alberto Ravagnani. Il sacerdote classe 1993 è conosciutissimo sui social. Per questo nuovo appuntamento di CulturalMente siamo andati a trovarlo poco prima dell’evento in cui ha presentato il suo ultimo romanzo “Dopo la festa” edito da Rizzoli.
Il libro ha come protagonista un giovane di nome Francesco. Francesco ha un sogno: fare musica. Per realizzare questo suo desiderio si trasferisce dalla città in provincia di Siena in cui abita a Milano, in cambio della promessa fatta ai genitori di iscriversi all’università e di alloggiare in una stanza messa a disposizione da una parrocchia, in zona Navigli. Ed è qui che conosce don Andrea, giovane sacerdote anche lui appena arrivato dalla provincia, e Filippo, altro ospite della struttura, violinista tutto ripiegato nel suo mondo eppure capace di intuizioni folgoranti. Non solo musicali. Milano è un luogo in cui tutto è possibile e, pertanto, a Francesco sembra meraviglioso. Nella città lombarda il giovane riesce a mettere piede nel mondo discografico e a pubblicare il suo primo singolo di successo. Lo aiutano la sua determinazione e anche una serie di coincidenze, a cominciare dall’incontro con Linda durante un concerto. Ma la metropoli è anche un mondo nuovo, grande, caotico, di “persone, locali, luci, discorsi, brindisi, ragazze, sguardi, vestiti, gente che pippa, musica a palla, risse, applausi, champagne, vodka, sponsorizzazioni, selfie, svapo, autisti, buttafuori, risate… flash che non hanno tempo di sedimentare perché un giorno sì e l’altro pure ne sopraggiungono di nuovi”. “Dopo la festa” è una storia d’amore e di amicizia, un libro pieno di musica in cui don Ravagnani racconta anche un po’ la sua esperienza dato che anche lui come don Andrea è arrivato l’anno scorso a Milano proprio in zona Navigli.
In “Dopo la festa” si parla di musica, ma anche di religione. Cosa unisce musica e religione?
Da sempre la musica è espressione dell’animo umano. Dal momento in cui la religione fa parte dell’esperienza di vita di un essere umano, questa diventa anche musicalità. Nel corso della storia la Chiesa ha prodotto grandissime opere musicali. Oggi la religione è un po’ in crisi, quindi anche la musica legata alla religione lo è. Magari nuove generazioni di cristiani faranno musica cristiana nuova.
I giovani possono essere salvati dalla religione? E i social su cui stanno i giovani possono salvarli?
I social forse sono un po’ diventati una nuova religione. La religione di per sé non salva, è Dio a salvare. Nel momento in cui la religione porta a Dio ecco che i ragazzi possono fare esperienza di salvezza. Nel momento in cui i social network portano a Dio e portano le persone a fare esperienza di relazioni nelle quali all’interno c’è Dio, ecco che i social forse possono aiutare in questo.
Ma non è vedere tutto da uno schermo che potrebbe essere un problema?
Sicuramente vedere tutto dietro allo schermo è un problema, ma nel momento in cui i social sono uno strumento non sono l’esperienza che esaurisce la realtà possono fare del bene. Io personalmente raccolgo tanto bene da questa esperienza [sui social, n.d.r.] perché mi ha permesso di incontrare persone significative, perché mi ha permesso di creare processi di bene. Senza i social molte cose che faccio non potrei farle.
Lei dice nel suo libro che “nessuno si salva da solo”. Perché?
Perché è la verità. Noi siamo fatti così: siamo persone e non bastiamo a noi stessi. Nel momento in cui uno scopre di essere in relazione con gli altri non può affidarsi alla propria immagine in uno specchio in un telefonino. Questo è l’annuncio di Gesù, fondamentalmente.