Esequie del vescovo emerito monsignor Elio Tinti
Si è celebrata nel pomeriggio di giovedì 26 settembre, in Cattedrale, la Santa Messa esequiale del vescovo emerito, monsignor Elio Tinti. Tantissimi i convenuti per dare l’ultimo saluto al pastore che tanto ha amato Carpi e che ha voluto essere sepolto in Cattedrale
di Virginia Panzani
Ph Enrico Forapani – Foto Attualità Marchi
Si è celebrata nel pomeriggio di giovedì 26 settembre, in Cattedrale a Carpi la Santa Messa esequiale del vescovo emerito di Carpi, monsignor Elio Tinti. La liturgia è stata presieduta dal vescovo di Carpi, monsignor Erio Castellucci, e concelebrata dal vescovo emerito di Carpi, monsignor Francesco Cavina, e dal vescovo emerito di Forlì-Bertinoro, monsignor Lino Pizzi e da numerosi sacerdoti e religiosi di Carpi, Modena-Nonantola e di altre diocesi. Il vescovo di Cesena-Sarsina, monsignor Douglas Regattieri, già vicario generale del vescovo Tinti, in pellegrinaggio a Lourdes in questi giorni, ha inviato un messaggio letto alla fine della Messa. Ad introdurre la celebrazione con un ricordo di monsignor Tinti, il vicario generale della Diocesi di Carpi, monsignor Gildo Manicardi.
Presenti il sindaco di Carpi, Riccardo Righi, il sindaco di Novi di Modena, Enrico Diacci, i rappresentanti delle amministrazioni comunali dei comuni del territorio diocesano, e le autorità militari.
Insieme ai familiari del vescovo Elio, tantissimi e commossi i fedeli convenuti da tutta la Diocesi e oltre – oltre 500 -, le rappresentanze delle diverse realtà di volontariato e aggregative del territorio.
Prima della benedizione finale, si è data lettura del testo, quasi un’omelia, che monsignor Tinti aveva scritto per quella che sarebbe stata la sua Messa esequiale (testo datato 18 gennaio 2010). E che comincia con le parole: “Sono giunto a casa…”.
Infine, la sepoltura in Cattedrale, accanto ad altri tre vescovi di Carpi, suoi predecessori, monsignor Giovanni Pranzini, monsignor Federico Vigilio Dalla Zuanna, e monsignor Artemio Prati.
Dall’omelia del vescovo Erio Castellucci
Cordialità e vicinanza i tratti del ministero di “don Elio”
“Un’esplosione di affetto si è manifestata alla notizia della morte di don Elio. Ho ricevuto tantissime attestazioni in cui ritornavano spesso queste due idee: cordialità e vicinanza” così ha esordito il vescovo Erio Castellucci nell’omelia, prendendo spunto dalle parole di Gesù nel brano del Vangelo (Mt 11,25-30) proclamato durante la liturgia: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. (…) Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.
“Era un uomo veramente cordiale – ha affermato -. Accoglieva tutti con una esclamazione di benvenuto, contemporaneamente porgeva la mano e si apriva in un sorriso. Non ho mai avuto l’impressione che si sforzasse, la sua cordialità gli era connaturale. Era un dono che il Signore gli aveva elargito senza avarizia”. Cordialità, ha proseguito, “è una virtù che contiene la parola ‘cuore’, parola che nella Bibbia ricorre centinaia di volte ed esprime non solo la sfera sentimentale, ma anche quella dell’intelligenza e della moralità. Don Elio aveva un cuore grande, non era sentimentale però metteva passione autentica in tutto ciò che viveva, sia nelle relazioni come nelle iniziative”. Inoltre, ha aggiunto, “aveva un’ottima intelligenza, non era un intellettuale ma sapeva usare bene la ragione, specialmente nell’ambito della cultura giuridica e della spiritualità. Aveva una forza di volontà incredibile, non era però uno stoico, ma si affrettava ad attribuire alla grazia di Dio tutto ciò che faceva di buono. Solo chi coltiva la lode di Dio nel suo intimo può guadagnare un tratto umano così bello”.
La vita di monsignor Tinti, ha ricordato il vescovo Erio, è stata segnata più volte dalla malattia e da gravi lutti, sempre sostenuti con una “fede granitica”. “Proprio questa sua consuetudine con la sofferenza lo ha portato ad essere così sensibile alla sofferenza altrui: ed ecco la seconda parola, vicinanza. La famigliarità con le fatiche ha forgiato la sua capacità di farsi prossimo – ha sottolineato -, non solo di essere vicino alla gente ma anche di farlo capire, di trasmettere quasi fisicamente l’energia della sua presenza. Il giogo di Gesù si è appoggiato sulle spalle di don Elio ma non l’ha schiacciato, gli ha dato piuttosto la capacità di sollevare altri dal giogo, di prendere spesso su di sé le situazioni dei ‘piccoli’, come li chiama il Vangelo, cioè di quelli che richiedono cura e attenzione pastorale, sacerdoti, religiosi e religiose, laici, famiglie, sani e ammalati”.
L’ultimo segno della vicinanza di don Elio, ha concluso monsignor Castellucci, “è la decisione di ricevere la sua sepoltura qui nel Duomo che è stato il centro del suo ministero, della Chiesa e della città che lui ha tanto amato e che lo ha tanto amato”.
Ph Enrico Forapani – Foto Attualità Marchi