Unificazione diocesi Modena e Carpi, si apre un cammino fecondo
di Luigi Lamma
Si può dire, usando un linguaggio sportivo, che l’anno pastorale 2024/2025 è partito col botto. Prima il comunicato dei consigli presbiterali, poi l’affollata assemblea interdiocesana dove il vescovo Erio ha fornito ulteriori dettagli e esplicitato i primi criteri sul processo di unificazione che vedrà coinvolte l’arcidiocesi di Modena-Nonantola e la diocesi di Carpi. Nell’intervista che pubblichiamo all’interno monsignor Castellucci parla di nascita di un soggetto nuovo, non di accorpamento di Carpi a Modena secondo la logica aziendalista tutta basata sui numeri. Ecco perché è opportuno sottolineare l’idea di un cammino più che di una serie di freddi provvedimenti amministrativi. Ci sarà tempo, e questo sarà il compito anche di Notizie, di accompagnare le nostre comunità ad una sempre maggiore consapevolezza di quali siano le sfide che attendono oggi la chiesa e la sua missione, che si riassume unicamente nell’annuncio del Vangelo e in un’autentica testimonianza nella carità. A questo scopo, ci ricorda il comunicato dei consigli presbiterali, sono orientate “le strutture amministrative, materiali e pastorali, come strumenti a servizio dell’evangelizzazione”.
Compresa la conformazione territoriale che assumerà nel tempo la nuova diocesi, così come ha richiesto la “Santa Sede alle nostre Chiese, insieme a circa 40 Diocesi italiane, per proseguire e portare a compimento il cammino di comunione già intrapreso”. Dunque si guarda avanti, non solo in attesa del giorno in cui sulle cronache e sugli annuari verrà sancito il termine di un lungo tratto di storia, (il 1° dicembre di quest’anno saranno 245 anni dall’istituzione della Diocesi di Carpi) ma “dovremo arrivare alla nascita di una nuova Diocesi, studiando insieme in modo sinodale (pastori, laici, religiosi/e, parrocchie, associazioni…), durante l’anno pastorale che si sta aprendo, le tappe e le modalità”. Sarà faticoso? Sì. Sarà complesso? Sì. Ecco perché serve “il serio impegno di tutti”, non da soli, nel qual caso invano si affaticherebbero i costruttori ma “assistiti dallo Spirito Santo”, per muovere “una collaborazione feconda che porterà ad un rinnovamento della vita pastorale e missionaria nelle nostre comunità cristiane”. “Pellegrini di speranza” per entrare in clima giubilare. Le radici di una chiesa locale non si trovano nelle pergamene bollate istitutive di una diocesi, nei secoli o nei millenni, esse affondano nell’adesione a Cristo e alla sua Chiesa che in ogni tempo e ad ogni generazione si rinnova generando un popolo di testimoni, si chiamino Stefano, Luca o Albertina come quelli che incontriamo tra le pagine di questo giornale, e comunque il dono più bello di cui continueremo a sperimentare la grazia.