VOLONTARIATO “Umanizzare le relazioni”
Un pubblico attento, coinvolto e interessato ha partecipato lo scorso 21 settembre alla conferenza promossa da Avo Carpi al circolo Guerzoni, dal titolo “Far bene il bene: l’ascolto che guarisce”. Relatore d’eccezione padre Arnaldo Pangrazzi, sacerdote camilliano, professore e autore di testi, riconosciuto a livello internazionale per il suo impegno nella cura spirituale e pastorale, referente della Pastorale sanitaria. Oltre 130 persone, tra volontari e cittadini, hanno apprezzato le riflessioni dirette e fluide di padre Pangrazzi e anche i consigli sugli strumenti pratici per affrontare le sfide quotidiane con empatia e comprensione. “Una delle prime affermazioni che ho sentito – afferma Marta Gasparini – è stata l’invito a ringraziare: ringraziare per la salute, per le doti ricevute, per il tempo a disposizione. Mi ha molto colpita: è stato proprio per il fatto di disporre di tempo e anche per un senso di gratitudine per ciò che ho ricevuto, dai miei genitori, che hanno faticato per farmi studiare, che ho iniziato il mio servizio Avo alcuni anni fa. Ho scoperto così che con il servizio è più quello che si riceve di ciò che si dà; alla fine senti che hai fatto qualcosa di buono, di utile per gli altri, anche solo con l’ascolto e la vicinanza. Si tratta di esercitare le qualità del buon Samaritano: umiltà, accoglienza, discrezione, sensibilità, spirito di collaborazione. Ho trovato molto efficaci per il nostro servizio gli esempi che padre Pangrazzi ci ha fornito sulla vicinanza, le relazioni, la capacità di suscitare nel paziente una riflessione su quello che prova, sul suo vissuto. ‘Umanizzare le relazioni’ significa non fermarsi all’infermità ma guardare la persona, e come volontari essere ‘farmaci’. E se la medicina non può guarirti, gli infermieri possono curarti, ma noi volontari possiamo consolarti”. Carmela Regina definisce l’incontro come “ricchissimo di riflessioni e contenuti che ci hanno interrogato nel profondo di noi stessi. Un viaggio all’interno di pensieri ed emozioni, atteggiamenti e competenze per riflettere su come ‘farsi prossimo’ soprattutto in merito al nostro servizio! La frase che mi ha più colpita è stata ‘essere farmaco’. Il farmaco si prescrive per curare una malattia a livello fisico: quando possiamo noi essere tali per un paziente? Quando attraverso uno sguardo, una presenza, una carezza, una parola buona riusciamo a portare un sorriso, ad alleggerire una paura, ad alleviare una solitudine che in quel letto d’ospedale si fa più intensa. E in queste relazioni diventiamo ‘farmaco’ per noi stessi perché, come ha detto padre Arnaldo, aiutando gli altri aiutiamo noi stessi ed aiutando noi aiutiamo gli altri. Ci ha fatto anche capire che, per aiutare un malato che sta soffrendo e che è impaurito e preoccupato, la buona volontà di ‘farsi prossimo’ è importante ma non basta. Sviluppare delle competenze sul piano
relazionale ci può impedire di commettere, in buona fede, degli errori: è stato utile e interessante capire quali sono gli atteggiamenti su cui vigilare e quali invece quelli da coltivare, per capire come ‘far bene il bene’”. Toccante anche la testimonianza di un’altra volontaria: “A 17 anni dopo aver partorito sono andata in depressione, c’era tanto da lavorare nella famiglia di mio marito e ciò non mi ha consentito di prendermi cura di mia figlia. Solo mia suocera mi ascoltava ma non riuscivo a dirle quanto stavo male. Mi hanno ricoverata a Modena: un mese di pastiglie per mangiare, dormire, svegliarmi e nessun ascolto. Ecco perché ora, dopo 50 anni da quel brutto ricovero e dopo aver lavorato su me stessa da sola, cerco di dare quello che a me è sempre mancato: ascoltare, essere quel ‘farmaco’ che nessuno mi ha mai dato, sperando di trasmettere un po’ di serenità per quel poco che posso agli altri”.
Maria Silvia Cabri