Don Galasso, prete per gli operai
Cresciuto tra Carpi e Modena don Andreoli divenne riferimento della pastorale del lavoro tra le grandi aziende del provincia. Un’opera portata avanti ancora oggi
di Pier Giuseppe Levoni
Oggi che le due diocesi di Modena e Carpi sono unite in persona episcopi, vale la pena ricordare la figura singolare e straordinaria di don Galasso Andreoli. Nato a Carpi, in Piazza Ramazzini, il 30 gennaio 1929, da Marino e Regina Cottafavi, fu battezzato dal cappellano di San Francesco don Pio Tarabini. Il padre gestiva a Porta Modena un piccolo laboratorio di vendita e riparazione delle biciclette, che fungeva pure da deposito per i tanti che venivano a Carpi dalle campagne sulle due ruote. Chiusa nel ’34 la poco redditizia attività, mentre il padre tentava miglior sorte nella bonifica dell’Agro Pontino, la famiglia rimasta, madre e i quattro figli, qui si arrangiava, collaborando con uno zio che aveva una bottega di frutta e verdura. Anche il piccolo Galasso si dava da fare, nella vendita in piazza del castagnaccio preparato dalla mamma e di limoni. Rientrato il padre, la famiglia nel ’36 si trasferisce a Modena, ma la condizione economica resta precaria, e il nostro ragazzo si ingegna per guadagnare qualcosa, prima raccogliendo stracci e ferri vecchi, e poi come fattorino di una ditta di sementi.
A 12-13 anni Galassino, come veniva chiamato dai suoi, veniva ogni tanto in bicicletta a Migliarina, a trovare la nonna paterna Genoina Crotti e i tanti cuginetti. Quando nel ‘43 su Modena si intensificarono i bombardamenti degli Alleati, la famiglia, che abitava in un quartiere particolarmente a rischio essendo attiguo alla stazione ferroviaria, fu sfollata a Gargallo, e il ragazzo si inserì subito nella vita della parrocchia. Frequentava a Carpi il corso di studi in vista del diploma di ragioneria, ma proprio in quei mesi germogliò nel suo animo il desiderio di entrare in seminario. Lo ricordò, in uno scritto, pubblicato molti anni più tardi, dal titolo Nella tua gioia, con queste parole: “Sotto un olmo, nei prati di Gargallo, quando stavano bombardando Modena. Lì sentii un forte richiamo a seguirti per sempre. Non fu la paura, forse fu il pensiero della cattiveria degli uomini, il dolore per quanti erano sotto le bombe, forse un rifiuto di questo mondo.”
La scelta del sacerdozio
Terminata la guerra, la famiglia tornò a Modena. Galasso, diplomatosi ragioniere nel ’50, maturò la scelta di farsi prete. Nell’ottobre di quell’anno entrò in seminario e il 17 giugno 1956 fu ordinato sacerdote. Trascorse alcune settimane sull’Appennino, specialmente nel solitario eremo della Vergine Immacolata di Monticello sopra Pievepelago, per iniziare poi il servizio pastorale come cappellano al Tempio Monumentale di Modena. Assieme a due giovani confratelli, si trovò a collaborare con il parroco don Bruno Gibellini. Quest’ultimo, dopo un incontro a Roma con i vertici dell’ONARMO (Opera Nazionale Assistenza Religiosa Morale Operai) aveva ricevuto a suo tempo dall’arcivescovo Boccoleri l’incarico di animare in diocesi la pastorale del mondo del lavoro, per cui anche i suoi giovani cappellani al Tempio furono presto coinvolti in questo ambito. Ogni lunedì era prevista una riunione assieme alle suore che svolgevano analogo servizio in fabbrica.
L’ONARMO ebbe a Modena, città sede di tante importanti industrie, la sua cellula più viva, che si trasformò nel 1983 in Fondazione di Religione “Gesù Divino Lavoratore”. Non preti-operai come in Francia, ma preti PER gli operai. Le aziende costituivano per loro come una seconda parrocchia, in cui incontrare continuativamente non solo i lavoratori, ma anche i loro familiari, con attività spirituali, culturali e ricreative. E’ in questa logica pastorale che don Galasso seppe sviluppare ben presto un’azione straordinariamente generosa quanto lungimirante, costituendo il vero perno della squadra di preti diocesani impegnati in questa particolare pastorale d’ambiente. Momento chiave fu l’acquisizione (1961) in Rua Frati,7 della sede definitiva della Pastorale del Lavoro, in cui ancor oggi sono sistemate le “Piccole Sorelle di Gesù Lavoratore”, canossiane in origine; una presenza formalizzata nel 1996 come Istituto Religioso Femminile di Diritto Diocesano, fondato da don Galasso.
Cappellano in Russia e l’amicizia con Enzo Ferrari
Speciale parentesi fu la sua trasferta fra il ’69 e il ’73 in Russia, quale assistente spirituale dei lavoratori italiani nello stabilimento Fiat di Togliattigrad, la cui esperienza raccontò in un volumetto solo dopo il crollo dell’Unione Sovietica, essendo stato vincolato al segreto prima, durante e dopo dal Segretario di Stato cardinal Casaroli al momento dell’invio in quella delicata missione. Rientrato in Italia continuò la sua attività con rinnovato slancio nelle fabbriche, fra i netturbini e i ferrovieri, organizzando anche per i ragazzi soggiorni estivi dapprima nelle scuole dei paesi del Frignano, fino all’acquisto di un edificio a S. Andrea Pelago, tuttora utilizzato dalle Piccole Sorelle per ospitare i giovani, accompagnarli in escursioni e promuoverne la crescita umana e spirituale. In rapporto di amicizia con Enzo Ferrari, ne accompagnò spiritualmente gli ultimi giorni nel 1988. Solo per quattro anni fu anche parroco a Baggiovara, incarico che dovette lasciare quando nel 1991 lo colpì un infarto, prima stazione di una vera e propria Via Crucis, costellata di una serie di ricoveri in ospedale, sopportati con serena accettazione, fino alla morte il 10 novembre 2005.
L’amicizia con don Sergio Galli e l’incontro co il vescovo Tinti
Don Galasso fu stimato grandemente dai Vescovi che si succedettero a Modena, ma anche dal nostro Elio Tinti, che lo aveva conosciuto tramite don Sergio Galli, allora incaricato della visita alle fabbriche nella nostra diocesi. Volle fargli visita all’Hesperia Hospital il 4 dicembre 2004. Il biografo Antonino Leonelli, presente quel giorno, scrive: “In quel momento le mani di don Galasso erano strette nelle mani del Vescovo. E’ stato allora che ho visto don Galasso avvicinare il viso all’anello del Vescovo con l’intenzione di baciarlo. Mons. Tinti, ritraendosi dolcemente, si è a sua volta inchinato sulle mani di don Galasso e le ha baciate, sussurrando queste parole: Sono io che devo baciare queste mani. Le mani di un Santo”.
Per conoscere più compiutamente questa figura esemplare di sacerdote è disponibile Il libro “Don Galasso. Un uomo, un Santo” di Paolo Andreoli. Editore Il Fiorino, 2018