Loda il Signore, anima mia
La diocesi di Carpi legge il Vangelo - Vangelo di domenica 8 settembre 2024
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
A cura di Federica Marampon, Commissione diocesana per la pastorale sociale
Lectio
Il Vangelo di questa domenica, attraverso il racconto dell’evangelista Marco, presenta Gesù che opera la guarigione di un sordomuto. Ancora una volta la folla ricorre all’aiuto di Gesù e gli chiede di imporre la sua mano su questa persona perché lo guarisca. Gesù prende in disparte l’ammalato allontanandolo dalla folla, compie alcuni gesti e pronuncia rivolto al cielo la parola “Effatà”, cioè “Apriti”, in questo modo avviene il miracolo: le orecchie si aprono, si scioglie il nodo della sua lingua e si mette a parlare: nel Vangelo c’è scritto “parlava correttamente”, cioè senza nessun difetto di pronuncia stante la difficoltà fisica che prima esisteva.
Meditatio
In questo brano del Vangelo possiamo notare che Gesù non impone la sua mano (v. 32) come la folla aveva richiesto ma compie, invece, alcuni gesti: appoggia le dita nelle orecchie, con la saliva gli tocca la lingua, rivolge lo sguardo al cielo, sospira e dice “Effatà”. Essere sordomuti è una condizione fisica ma al contempo è anche un simbolo: richiama la “sordità interiore” dell’essere umano tant’è che prima Gesù opera sulle orecchie e, solo dopo, sulla bocca. Solitamente chi non riesce a parlare è perché non è in grado di sentire suoni e voci e quindi non riesce ad imitare il suono della voce e formulare le parole. Così l’uomo che non “sente”, che non è in grado di “ascoltare” se stesso, gli altri ma soprattutto la Parola di Dio, si ritrova a non saper più “parlare”, cioè entrare in relazione.
Oratio
La sordità interiore è la sordità del cuore. La velocità che il nostro tempo ci impone non ci consente più di ascoltare con il cuore e con la mente perché questo implica avere tempo a disposizione, essere pazienti ed empatici in famiglia, con gli amici, al lavoro, nei nostri gruppi e anche in parrocchia. A volte pensiamo che ci siano persone preposte a questo “lavoro”: sacerdoti, suore, volontari Caritas e delle associazioni più in generale, così deleghiamo a loro questo “pezzo” di vita che invece se messo a frutto arricchirebbe ognuno di noi. Ed è così anche per la Parola di Dio, spesso messa in secondo piano rispetto alle nostre esigenze personali: se non sono in ascolto rischio di passare oltre e di perdere l’incontro con Gesù. Impegniamoci quindi a fare un po’ di silenzio mettendoci in “disparte dalle folle”, cerchiamo di ascoltare la Buona Novella e chiediamo il dono di quell’Effatà/Apriti affinché anche le nostre orecchie e il nostro cuore possano udire la Sua Parola e la nostra bocca e la nostra vita proclamare le Sue opere.
Contemplatio
Quando si parla di ascolto il mio pensiero va all’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco. Il Santo Padre ci invita ad ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri (LS 49). Poiché “tutto è connesso” non possiamo più far finta di niente e volgere lo sguardo altrove: è di dominio pubblico che tutti noi, uomini e donne, una specie tra le specie, e la natura viviamo in continua relazione. Se questa sarà rispettosa consentirà all’essere umano una vita dignitosa in questo mondo voluto da Dio, creatore del cielo e della terra, messoci a disposizione affinché noi lo custodiamo e lo coltiviamo con amore. Saper ascoltare la casa comune e le sue creature e prendercene cura è quindi un preciso mandato che Dio ha rivolto a tutti noi, nessuno escluso, perché ugualmente tutti importanti ai Suoi occhi.
Fractio
“Effatà-Apriti” (v.34): si aprano le nostre orecchie alla Sua Parola, al Suo ascolto, con umiltà, per renderci custodi gli uni degli altri e insieme per custodire la nostra madre terra che con amore ci è stata donata.
L’opera d’arte
Cristoforo de Predis, Guarigione del sordomuto (1476), Leggendario Sforza-Savoia, Torino, Biblioteca Reale. Non sono numerose le raffigurazioni di Gesù che guarisce il sordomuto. Non pochi sono stati, tuttavia, nella storia, gli artisti non udenti: oltre a Pinturicchio e Francisco Goya, per citare due celeberrimi, nel ‘400 si distinse il miniatore Cristoforo de Predis, che firmava le sue opere con la sigla “mut”. Lui e i fratelli, in particolare Giovanni Ambrogio, appartenenti ad una famiglia di artisti, ospitarono Leonardo quando giunse a Milano e collaborarono con lui, in un reciproco scambio di influenze.
Cristoforo lavorò per gli Sforza, gli Este e i Borromeo, con uno stile caratterizzato dallo splendore dei colori, dall’armonia delle forme e dal gusto per una narrazione pacata e gradevole. Il suo capolavoro si può ammirare nelle pagine del Leggendario Sforza, dove gli episodi evangelici vengono “attualizzati” da de Predis. E’ dunque con gli abiti di un ragazzo contemporaneo all’artista che vediamo raffigurato, qui a fianco, il sordomuto, mentre Gesù, attorniato dagli apostoli, gli tocca l’orecchio e lo guarisce. Un episodio, questo, che, presumibilmente, era caro alla sensibilità dell’artista.
V.P.