Giornata dei nonni e degli anziani: testimonianza di Bona Poli Catellani
Giornata dei nonni e degli anziani, domenica 28 luglio: testimonianza di Bona Poli Catellani, carpigiana, attivamente impegnata nella parrocchia della Cattedrale, il suo rapporto con i nipoti, con la “terza età”, e con il mistero della morte, la consapevolezza della necessità di una “alleanza fra le generazioni”, come insegna Papa Francesco
di Virginia Panzani
Bona Poli Catellani
“Come anziana mi sento atipica”: lo ripete più volte, sorridendo, Bona Poli Catellani, nel corso della nostra piacevole conversazione in vista della IV Giornata dei nonni e degli anziani, una ricorrenza fortemente voluta da Papa Francesco a ridosso della festa dei Santi Anna e Gioacchino – genitori di Maria e nonni di Gesù -, che si celebra domenica 28 luglio. “Atipica”, nell’accezione più positiva della parola, lo è davvero Bona, se si considera che a 85 anni è attivamente impegnata nella parrocchia della Cattedrale di Carpi, continua ad insegnare – è stata maestra elementare per 35 anni – ogniqualvolta le venga chiesto questo servizio, ad esempio per bambini in difficoltà e migranti, frequenta gli incontri mensili rivolti agli anziani presso lo Spazio giovani Mac’è, legge e scrive, anche utilizzando gli strumenti della tecnologia e navigando sui social media, ma soprattutto continua a coltivare la sua innata passione per la conoscenza. Proprio oggi, giovedì 25 luglio, ricorre l’anniversario di matrimonio – il 61° – con l’amatissimo Pier Giorgio, venuto a mancare il 31 maggio 2022, una unione da cui sono nati tre figli, Nicola, Saverio e Miriam, e, a loro volta, tre nipoti, Susanna, Giovanni e Giacomo.
“Nel febbraio scorso per la seconda volta sono stata agli esercizi spirituali organizzati dalla parrocchia – racconta -. Il biblista don Claudio Arletti, che l’anno scorso ci aveva presentato la figura di Giobbe, ci ha parlato del re Davide. Non ho perso una parola, tanto ho sentito l’interesse ad approfondire questi argomenti. E siccome don Arletti ci invita a leggere l’esperienza dei personaggi della Bibbia in parallelo alla nostra, come avevo già fatto per Giobbe sul tema della sofferenza, ho ripercorso per iscritto, al computer, tutta la mia vita seguendo l’itinerario di Davide, il peccatore credente. Ne è uscito un fascicoletto di 44 pagine, che prima o poi farò leggere a mia nipote, anche per sapere cosa ne pensa”.
I nipoti “grandi”, Susanna e Giovanni, hanno insegnato ed insegnano a Bona ad usare smartphone, pc e social, così come lei li ha sempre stimolati ad essere curiosi e ad aprire i propri orizzonti. “Oggi hanno 22 e 20 anni e, com’è normale che sia, manca l’aspetto di quella ferialità, di quel quotidiano averli vicini a me che ho vissuto quando erano piccoli – spiega -. Siamo però sempre in contatto. Ricordo che, da bambini, erano molto curiosi di conoscere la mia infanzia, si sedevano accanto a me sul divano e ascoltavano mentre raccontavo. Era tutto una scoperta! Intanto, io ritrovavo la mia infanzia, senza lasciarmi andare ai rimpianti, ma cercando di vedere quanto di bello e buono c’è stato, nonostante le difficoltà, perché nell’esistenza umana dramma e bellezza sono intrecciati in modo inestricabile. Con il più piccolo, Giacomo, oggi sperimento di nuovo lo stupore del veder crescere un bambino e la meraviglia di ri-scoprire il mondo insieme a lui”.
Il rischio più grande per gli anziani, sottolinea Bona, è quello di ripiegarsi sul passato, di sentirsi inutili, dovuto da una parte alle forze che, inesorabilmente, si affievoliscono, dall’altra ad una sensazione di estraneità nei confronti di una civiltà sempre più governata dalla tecnologia. “Noto con rammarico che tanti finiscono per isolarsi – osserva -, per guardare alla vita dal lato del dramma, perché si avverte di avere poco tempo e la morte fa paura, senza riuscire invece a cogliere la bellezza che sta nell’opportunità che ci viene offerta, non certo scontata, di attraversare tutte le fasi della vita”.
Speranza è una parola che ritorna spesso sulle labbra di Bona, non un atteggiamento genericamente ottimistico, bensì la certezza che la vita non finisce su questa terra. “Oggi, abbiamo rimosso la morte, l’abbiamo confinata in spazi ben separati dall’umano vivere, facciamo fatica persino a parlarne – afferma -. Penso ai palloncini che vengono lanciati nell’ultimo commiato ad un defunto. Dove vanno a finire? In cielo? Ma che cos’è questo spazio di cielo dove vanno i nostri cari? Non si riesce a dirlo. La fede cristiana, invece, ci dice che la morte è la nascita ad una nuova vita, è l’incontro con Dio”. E’ questa speranza a sostenere Bona nel dolore lancinante per la perdita di Pier Giorgio. “Subito dopo che è mancato, oltre tutto, a causa della pandemia, non ho potuto essere con lui negli ultimi momenti, ho temuto di cadere nella depressione – ammette -. Mi sono allora aggrappata alla speranza cristiana, nella certezza che Pier Giorgio è rinato con il Signore Risorto e ha cominciato a vivere una nuova storia. Certo, mi manca la sua presenza fisica e ci sono momenti di profonda nostalgia, però la speranza mi viene in aiuto e devo dire che sento profondamente che mio marito non mi ha lasciata e che il suo spirito, la sua identità e il suo essere sono ancora presenti nella quotidianità della mia vita, in un modo inspiegabile, ma autentico”.
Bona si trova, poi, pienamente d’accordo con Papa Francesco, che tante volte ha evidenziato come sia necessaria oggi più che mai una “alleanza fra le generazioni”. “Quando il Santo Padre tocca questo tema mi viene in mente uno degli ultimi Salmi, il 148, quello della lode alla grandezza di Dio, Signore del creato. Fra tutte le creature che lo lodano vengono citati insieme vecchi e bambini – sottolinea -. Mi sono chiesta che cosa ci accomuna e che cosa possiamo, noi anziani, trasmettere ai più piccoli. Sono così arrivata a pensare che non possiamo rinunciare ai nostri sogni, anche se il tempo che abbiamo davanti non è più molto, anche se ci sembra di avere avuto ormai tutto. Questi sogni, che non sono ‘castelli in aria’ ma la speranza di qualcosa di più vero e di più grande, siamo chiamati a trasmetterli alle nuove generazioni, insieme al coraggio di affrontare le sfide che la vita inevitabilmente porta con sé e di affrontarle scegliendo la strada della responsabilità, del bene comune, non del proprio tornaconto”. E conclude Bona con una efficace similitudine: “ogni vita che inizia è come una piccola barca che lascia la riva per navigare, attraversare il mare, talvolta in tempesta, e raggiungere l’approdo. Ma per riuscire a fare questo ci vuole una bussola. Ecco, mi piace considerare noi, anziani e nonni, come bussole che accompagnano i nostri ragazzi”.
Gli sposi Bona e Pier Giorgio