Quartirolo, campo giochi all’insegna dell’inclusione
Nella parrocchia di Quartirolo è attivo da molti anni il campo giochi estivo. La responsabile, Giuliana Bellesia, racconta le attività e l’impegno perché la proposta educativa sia accessibile anche alle famiglie in difficoltà
di Pietro Paulo Spigato
Giuliana Bellesia
Per molti campo giochi della diocesi sono le ultime settimane di attività dell’estate, ma questo non ci ferma dal continuare a portare i nostri lettori alla scoperta di queste importanti realtà. Abbiamo avuto il piacere di parlare con Giuliana Bellesia, responsabile del centro estivo della parrocchia di Quartirolo di Carpi. La sua lunga esperienza le ha permesso di cogliere e descrivere al meglio i cambiamenti del centro estivo, attivo da diversi anni e che dopo l’estate del Covid ha modificato radicalmente i numeri e le caratteristiche della sua utenza. Il tema fondamentale è rappresentato dall’inclusione e dal multiculturalismo, aspetti da sempre presenti ma con una crescente centralità in questi anni. Giuliana ed i suoi colleghi sono riusciti a creare un riferimento educativo alla portata di tutti, per costi ed accessibilità, rendendo il centro estivo, nonostante i numeri non esorbitanti, un modello di riferimento.
Di quali elementi si compone il campo giochi?
Il nostro centro estivo dura da parecchi anni ed il nocciolo degli educatori è in gran parte lo stesso dalla sua fondazione, chiaramente aiutati da ragazzi più giovani in grado di portare avanti le attività coi bambini, come scout ed educatori. La fascia di età di cui ci prendiamo cura va dai 6 ai 12 anni circa, e abbiamo una cinquantina di bambini iscritti, nonostante nel pre-covid ci fossero quasi novanta presenze. Ci sono quindi tre responsabili, fra cui me ed un’altra educatrice che seguiamo anche il doposcuola, tre educatori e suor Fides. Abbiamo la fortuna di disporre di un ampio spazio verde e soprattutto del salone parrocchiale, dove riusciamo a sfruttare l’aria condizionata.
Come si sviluppa la giornata tipo?
L’accoglienza comincia alle 7.30 e alle 9.00 facciamo un canto, una preghiera o un momento di riflessione, guidati dal parroco don Antonio Dotti o dal vicario parrocchiale don Basile Bitangalo. Seguono attività strutturate come laboratori, attività esterne e giochi. Poi pranziamo con i piatti che ci prepara la cuoca del campo giochi, anche se c’è la possibilità, per chi vuole, di portare il pranzo al sacco. Alle 14.30 riprendono le attività, coi bambini che fanno i compiti o giochi da tavolo. Merenda e ancora un gioco, stavolta scelto in condivisione coi bambini, prima che tornino a casa.
Proponete gite o attività particolari?
Gite vere e proprie non ne facciamo, perché non vorremmo mettere in difficoltà parecchie delle famiglie che partecipano al centro estivo. Ci teniamo che le differenze economiche fra loro non escano e non pesino sui bambini. Non facciamo attività esterne a pagamento proprio per questo motivo. Alcune di esse sono seguite dal centro d’ascolto della Caritas parrocchiale e vengono supportate per riuscire a garantire l’iscrizione dei bambini al centro estivo.
Negli ultimi anni, il centro estivo di Quartirolo è diventato un riferimento per inclusione e multiculturalismo.
Mi piace l’idea di poter aiutare famiglie in difficoltà economica e sociale. Questo aspetto dà una nuova prospettiva ed una motivazione ulteriore. Negli scorsi anni abbiamo accolto bambini e ragazzi che provenivano dall’Ucraina. È stato bello conoscerli ed aiutarli. Ci siamo ritrovati ad avere bambini che parlavano esclusivamente altre lingue, come il bielorusso, ma siamo riusciti ad accoglierli. Il fatto di essere un campo giochi multietnico è molto importante. Curiamo anche l’aspetto della preghiera: diversi nostri bambini sono musulmani, e nel momento iniziale non sono costretti a partecipare, semplicemente, se possono, ascoltano stando uniti in un momento così importante. Abbiamo accolto bambini con famiglie che non potevano permettersi la retta e, d’accordo col centro d’ascolto, abbiamo chiesto un contributo inferiore, in linea con le loro possibilità. Se la parrocchia non facesse queste iniziative allora perderebbe l’accoglienza come uno dei suoi valori primari.
Da sinistra gli educatori Anna Rita, suor Fides, Francesco e Samuele