Abitazioni da 20 metri quadri una trovata speculativa pensata solo per far soldi
In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani
Una delle ragioni che mi hanno reso perplesso dal visitare il Giappone è la notizia degli spazi ridottissimi in cui sono costretti a vivere gli abitanti del Paese del Sol Levante. Tutto minimal, come nei formicai, dove la mancanza di spazio ti obbliga a spartire anche l’aria che respiri. Ormai gli hotel con le stanze a loculo, Capsule Hotel per chi parla forbito, vengono presentati come l’ultima frontiera della modernità. Un metro per un metro e due di lunghezza, aperti sul davanti, con dentro materasso, cuscino, una luce e qualche presa per caricare le batterie. Arrivi, ti infili in fondo come un lombrico, spegni la luce e… Sempre sperando che i vicini di loculo siano a tenuta stagna e con i tessuti molli della gola resistenti alle vibrazioni del respiro.
Non so se Salvini abbia trovato ispirazione da tanta claustrofobica architettura, sta di fatto che, quando leggerete queste righe, anche il Senato avrà approvato, in via definitiva il decreto legge salva-casa da lui voluto. Che poi, detto così, porta a far credere che si tratti di un atto di misericordia, messo in piedi per sanare le piccole irregolarità edilizie della povera gente. Vietato parlare di condono, espediente di tutti i governi per far cassa, sta di fatto che nel corso del dibattito per l’approvazione si sono aggiunti mille emendamenti, infilati come le letterine a Babbo Natale, tra cui la possibilità di concedere l’abitabilità ad appartamenti di 20 metri quadri per una persona e di 28 per due e, cosa da non sottovalutare, con soffitti non più alti 2,70 metri, ma anche solo 2,40.
È chiaro che l’intento qui non è soltanto quello di rimediare ai piccoli abusi. Un appartamento in città di 140 metri che, con piccoli accorgimenti, si moltiplica in cinque mini appartamenti da affittare agli studenti a sei, settecento euro al mese, si trasformano in una delle più scaltre speculazioni che si possano immaginare. Perché è chiaro che i mini appartamenti da venti metri non li fa il contadino di campagna per mettere a posto gli eredi di famiglia. Li fa chi possiede le case in città facendo in modo, con il consenso della legge, che nelle sue proprietà immobiliari non ci sia più posto per chi ha figli.
Se il governo Meloni si sbraccia a farci sapere del suo sostegno nei confronti della famiglia e della natalità, sarà il caso di fargli notare che provvedimenti come questo vanno esattamente nel senso opposto. Non solo favorendo lo spopolamento dei centri storici, sempre più adibiti ad accogliere studenti o turisti del mordi e fuggi, ma finiscono per creare una cultura abitativa sempre meno favorevole a chi volesse mettere al mondo delle creature. Siamo al trionfo della speculazione fine a se stessa, con il solo obiettivo di far cassa più che si può. Lo stesso valga per gli spazi alti fino a 2,40 metri, ossia sotto tetti e scantinati. Non siamo ancora ai Capsule Hotel, ma la logica ispiratrice non ne è lontana.
Eppure il problema della casa rimane un’emergenza primaria, che non viene mai messo a tema seriamente da nessun governo che io ricordi. E non si tratta di dare casa ai Rom che non ne avessero diritto come viene venduto da qualche vulgata mediatica e di partito. A boccheggiare senza casa o dentro case che non meritano d’essere chiamate tali ci sono famiglie in difficoltà, anziani, persone con pensioni indegne di un Paese che volesse definirsi civile. Ci sono gli immigrati, quelli che lavorano e che fanno sì che i supermercati siano pieni di prodotti, grazie alle loro schiene, piegate dalla fatica e dalle botte dei criminali, detti caporali. Non so se, nello zelo della mente di Salvini, anche questo possa trovare spazio.