Solo l’attenzione alla persona può dare sostanza vera al concetto di democrazia
In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani
Sarebbe interessante fare un veloce sondaggio per chiedere alla gente cosa intenda oggi per democrazia. Dal generico “potere del popolo” al più individualistico “riconoscimento delle libertà”, penso ci troveremmo dentro ad un bazar di definizioni che, da solo, basterebbe a farci capire quanta confusione ci sia oggi intorno al concetto di democrazia. Papa Francesco, la scorsa domenica a Trieste, per la chiusura della 50ma Settimana Sociale dei cattolici, ci ha ricordato cosa essa significhi, citando le parole del beato Giuseppe Toniolo. «Democrazia è quell’ordinamento civile, nel quale tutte le forze sociali, giuridiche ed economiche, nella pienezza del loro sviluppo gerarchico, cooperano proporzionalmente al bene comune, rifluendo nell’ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi inferiori ». Il linguaggio risente di un abito centenario, ma l’essenza rimane di assoluta freschezza e attualità. Potremmo tradurlo ancora più semplicemente: democrazia è quella società dove tutte le forze operanti sul territorio fanno sì che nessuno resti indietro.
Che oggi la democrazia goda cattiva salute non occorre affermarlo sotto tortura. Solo per restare alla partecipazione al voto dei cittadini, si va dal 92, 93% degli anni ’70, all’81-83 % dell’inizio anni 2000, fino ai dati attuali, ormai sistematicamente sotto il 50%. Tutta colpa dei politici? Ni. I commentatori più avveduti ci dicono che il primo virus che oggi ammorba la democrazia è l’individualismo crescente, quello che percepisce la vita sociale come la prateria dei diritti e della libertà soggettiva. Mi raccontava sconsolata una signora, madre di un bambino portatore di handicap, che a fronte della fatica di collocare il figlio dentro le strutture pubbliche, il rammarico più grande era dover costatare il venire meno della sensibilità della gente verso i problemi dei vicini. Una specie di insensibilità diffusa per cui ognuno, le proprie rogne, se le deve grattare da solo.
In secondo luogo oggi si vede nel tecnicismo un secondo reale pericolo. Esso consiste nel fatto di credere che basti offrire dei servizi per dare sostanza alla democrazia. Ricordava ancora papa Francesco, con parole che dovremmo scolpire sugli stipiti delle porte di ogni casa. «L’assistenzialismo che non riconosce la dignità delle persone è nemico della democrazia, è nemico dell’amore al prossimo. E certe forme di assistenzialismo che non riconoscono questa dignità sono ipocrisia sociale». Parole straordinarie, a sottolineare che nessuna prestazione sociale, pubblica o privata, senza un’effettiva partecipazione dell’animo, costruisce la società dell’uguaglianza e dei diritti.
Infine andrebbe ricordato che il tarlo moderno delle democrazie è sempre più identificabile con quello che oggi viene definito populismo. Il quale può essere di qualsiasi colore politico. Un tarlo che consiste essenzialmente nel credere che la sovranità del popolo, che si esprime dentro le urne, debba continuare anche dopo, incarnata in qualche lettura di parte, che si vorrebbe imporre come ideologia valida per tutti, senza il rispetto delle diversità e del pluralismo. Tarlo che oggi si riscontra in visioni estreme, a Destra come a Sinistra. Habermas, il più grande filosofo vivente, si chiedeva recentemente quale terapia usare per combattere lo stato di sofferenza della democrazia. La ricetta proposta è stata tanto imprevedibile quanto saggia. Perché non tornare a ispirarsi alle religioni, quelle che mettono al centro la persona e la sua dignità, si chiedeva? Parole cui fanno eco quelle di papa Francesco: «La democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e dell’ecologia integrale».