Carcere, Comunità Papa Giovanni XXIII: “importante il riconoscimento delle comunità educanti”
La Comunità Papa Giovanni XXIII esprime soddisfazione per la scelta del governo di riconoscere le comunità educanti come luoghi di espiazione della pena in alternativa al carcere. Il presidente Fadda: “Alle vittime ed alla società intera dobbiamo garantire l’abbattimento della tendenza a commettere di nuovo dei reati”
Foto SIR/CdE
“Siamo soddisfatti della scelta del governo di riconoscere le comunità come luoghi di espiazione della pena in alternativa al carcere. Questo governo ha ascoltato le comunità ed il mondo del terzo settore ed ha inteso la grande opportunità che esse offrono. Noi abbiamo avanzato anche altre proposte per incentivare la scelta dei percorsi educativi in comunità da parte dei detenuti e abbattere il sovraffollamento carcerario che non è più compatibile con la dignità umana”. E’ quanto dichiara Matteo Fadda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, in merito al decreto-legge sulle carceri approvato dal governo nella serata di mercoledì 3 luglio. Annunciato nelle scorse settimane, il provvedimento era stato denominato “svuota-carceri” per rispondere all’annoso problema del sovraffollamento delle carceri italiane.
“Il nostro è un vero percorso rieducativo – spiega Fadda -. I detenuti inseriti nel nostro programma devono guardare sia le ferite che hanno provocato per i delitti commessi, sia le proprie ferite che li hanno portati a delinquere. Il percorso educativo vero è quello che fa andare a ritroso nel proprio passato per capire le ragioni che hanno portato alla devianza”.
“Don Oreste Benzi diceva che un uomo recuperato non è più pericoloso, pertanto noi cerchiamo di passare dalla certezza della pena alla certezza del recupero – conclude -. Alle vittime ed alla società intera dobbiamo garantire l’abbattimento della recidiva, la tendenza a commettere di nuovo dei reati. Oggi, su dieci persone che entrano in carcere noi sappiamo che sette di quelle ci torneranno entro tre anni dall’uscita. Mentre nelle comunità educanti ogni dieci persone che entrano solo una torna in carcere. Questo è il motivo per cui non possiamo più procrastinare questa scelta”.
La Papa Giovanni XXIII gestisce dieci Comunità educanti con i carcerati (Cec), strutture per l’accoglienza di carcerati che scontano la pena, dove i detenuti sono rieducati attraverso esperienze di servizio ai più deboli nelle cooperative dell’associazione. La prima casa è stata aperta nel 2004. Ad oggi sono presenti 280 tra detenuti ed ex detenuti. Negli ultimi 10 anni sono state accolte 4mila persone. Per chi esce dal carcere la tendenza a commettere di nuovo dei reati, la cosiddetta recidiva, è il 75% dei casi. Invece nelle comunità i casi di recidiva sono appena il 15%.