Intervista a Giuseppe Basile
CulturalMente, una rubrica di Francesco Natale
Giuseppe Basile, autore de “La compagnia dei pensieri” (Edizioni Artestampa), è il protagonista dell’intervista di questo nuovo spazio di CulturalMente. Basato lungo la Via Emilia, il romanzo esplora il tema dello smarrimento e della ricerca di un equilibrio tra passato e futuro. Il volume offre una prospettiva affascinante sulla complessità dell’esistenza umana e sulle sfumature dell’identità.
Il protagonista de “La compagnia dei pensieri” è Arturo, un avvocato, proprio come te. Perché hai voluto che il protagonista svolgesse la tua stessa professione?
Perché il libro è composto da nove racconti, alcuni dei quali sono in parte autobiografici. Sapevo che questa scelta mi avrebbe “esposto”, ma in fondo quando si decide di scrivere un libro di narrativa è normale che chi conosce l’autore riesca a cogliere riferimenti legati alla sua vita, al suo contesto e alle sue esperienze. Non è un problema, è un effetto limitato che il libro produce nella cerchia dei conoscenti, ma il lettore anonimo e disinteressato ai tratti più personali dell’autore non subisce questo condizionamento nell’interpretazione dei fatti, mancandogli una conoscenza pregressa con il soggetto narrante. Ciò che conta, secondo me, è che il lettore possa riconoscersi, ritrovarsi nei contenuti che l’autore vorrebbe trasmettere.
Anche lo sfondo è un posto a te noto: Modena…
Il libro è ambientato a Modena, ma anche molto a Bologna, è un libro descrittivo di atmosfere emiliane, di stili di vita e rapporti umani che caratterizzano questi luoghi in cui vivo dal 1986. Sono profondamente legato a questo territorio, me ne innamorai perdutamente quando ero a Bologna all’università negli anni 80, furono anni di formazione per me che hanno inciso in modo determinante sulle mie scelte di vita, e direi proprio sul mio essere, sulla mia essenza di persona. Adoro i pioppi, i silenzi padani, gli spazi verdi, anche la nebbia, l’odore della terra afosa. L’Emilia è il mio posto.
Veniamo al titolo. In una società che vive a ritmi sempre più frenetici, abbiamo ancora il tempo di pensare?
Abbiamo sempre il tempo di pensare, perchè i pensieri sono l’unica cosa che non ci abbandona mai. Anzi, proprio perchè la vita è sempre più performante, frenetica, complessa, i pensieri sono il nostro rifugio parallelo, sono un mondo, fatto di ricordi, elaborazioni, distrazioni, fantasie. Viviamo la realtà complessa che ci circonda lasciandoci accompagnare dai pensieri che segretamente coltiviamo nella nostra interiorità. Viviamo in due mondi contemporaneamente, quello reale e tangibile, e quello interiore che è astratto, immaginifico, ma che contiene una parte importantissima di noi.
Il naufragare nei pensieri può essere pericoloso?
Il naufragare nei pensieri può essere pericoloso, certo. Naufragare è un’esperienza innegabilmente grave. Ma crogiolarsi nei pensieri, coltivarli, alimentarli in modo sano e non morboso è un’esperienza salvifica, è un momento creativo. I pensieri sono una ricchezza, bisogna proteggerli, custodirli, talvolta esporli, senza lasciarsi risucchiare nel mondo della surrealtà, tutto proprio, quello che ci fa perdere i legami col reale.