Migranti come schiavi reato non più tollerabile che domanda risposte
In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani
Neppure Dario Argento, in Profondo Rosso, o Stanley Kubrick, con Arancia meccanica, sarebbero riusciti a immaginare l’orrore che è andato in scena, nei giorni scorsi, nell’Agro Pontino, in provincia di Latina. Qui esiste un’azienda agricola, gestita da Renzo Lovato e suo figlio Antonello, di 38 anni. Qui esistono anche altri esseri umani, legalmente invisibili, ridotti in schiavitù. Pagati due, tre, quattro Euro all’ora per raccogliere frutta e verdura per dodici, quattordici, sedici ore al giorno. Esseri umani costretti a vivere in baracche di lamiera, quando il sole estivo fa il suo mestiere, senza la possibilità di alternative all’altezza di un Paese che volesse definirsi civile. Schiavismo. Amaro a dirsi, ma in Italia la schiavitù è ancora abbondantemente praticata.
Qui lavora, anzi lavorava, anche una coppia di giovani indiani. Sono sposi da poco tempo e sono venuti in Italia tre anni fa per inseguire un sogno. Lavorano entrambi, sottopagati e in nero, per la stessa azienda, fino al gior-no in cui una macchina avvolgi plastica trancia un braccio a Satnam, il marito di Sony. Subisce anche uno schiacciamento delle gambe e un grave trauma cranico. Alla scena assiste la moglie disperata e gli altri dipendenti che lavorano alle stese condizioni. Antonello, il figlio del padrone, sequestra i cellulari dei dipendenti. «Perché qui non siamo in regola», questa è la giustificazione che accampa. Nessuno deve sapere. Non chiama un’ambulanza, nessun allarme per salvare la vita a quella creatura che gli agonizza davanti agli occhi. Lo carica invece su un furgone, mette il braccio in una cesta da pomodori e lo scarica davanti a casa come una cassa qualsiasi di rifiuti. La morte arriva puntuale, com’è nella logica delle premesse.
La politica, con vomitevole ipocrisia, sta cercando di passare all’incasso, dimenticando e, se non se lo ricordano glielo ricordiamo noi, che negli anni passati, a governare l’Italia, quando si doveva affrontare il problema, si sono succeduti governi di Destra, di Centro e di Sinistra. E allora, delle due l’una, o non hanno visto lo sfruttamento degli immigrati clandestini, e allora sono stupidi, oppure hanno fatto finta di non vedere, il che è ancora peggio. Gli irregolari, in Italia, sono seicentomila, la maggior parte di loro schiavizzati e condannati a lavorare in nero. Cosa si aspetta a regolarizzare la loro posizione, andando a scovarli dove lavorano in schiavitù, obbligando così i datori di lavoro a riconoscere loro i diritti fondamentali che gli spettano?
Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, ha detto che la colpa è del governo Meloni che non prende provvedimenti. Un suo collaboratore ha rincarato, affermando testualmente che «con questo governo, la soluzione del problema è come chiedere al carnefice di far vivere il morto dopo averlo ammazzato». Comunque la si pensi, mi chiedo se i sindacati, tornati ultimamente più attivi che mai, si siano svegliati solo adesso dal letargo di un lungo inverno o siano di ritorno da un’escursione su Marte. Dov’erano in questi anni, quando la schiavitù del caporalato avanzava indisturbata sotto gli occhi distratti di politici, sindacalisti e Magistratura? Quanto a quest’ultima, si dirà che questa azienda era stata denunciata cinque anni fa per questo reato. Ebbene? E con quali risultati? Quello del chissenefrega di una famiglia che ha continuato imperterrita a sfruttare persone impotenti, procurate loro dalla manovalanza criminale, perché tanto in Italia non paga nessuno e, se si paga, uno fa in tempo prima a morire.
Dice papa Francesco nella Dignitas infinita al numero 40: quanto ai migranti «non si dirà mai che non sono umani, però in pratica, con le decisioni e il modo di trattarli, si manifesta che li si considera di minor valore, meno importanti, meno umani». Tirate voi le conclusioni.