È bello rendere grazie al Signore
La diocesi di Carpi legge il Vangelo - Vangelo di domenica 16 giugno 2024
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
A cura di don Antonio Dotti, assistente ecclesiastico Agesci per la zona di Carpi
Lectio
L’ambientazione del nostro brano sono le rive del lago della Galilea, durante l’inizio della missione pubblica del Signore. Soltanto a partire da questo capitolo conosciamo i contenuti della predicazione di Gesù, e sono parabole sul Regno di Dio. Quindi Gesù non insegnava solo nelle sinagoghe ma anche all’esterno, alle folle che lo seguivano.
Perché Gesù parava in parabole? Perché vuole parlare del Regno. Non racconti per gente semplice, esse servono per comunicare in modo indiretto ciò che gli sta a cuore, perché parla con persone che fanno fatica ad ascoltarlo. Un mezzo privilegiato per comunicare, con la tenerezza di chi non vuole affrontare direttamente gli interlocutori, per non massacrarli. Non una spiegazione concettuale astratta ma vita vissuta, condividendo il Suo sguardo poetico sulla realtà: Gesù non lo spiega mai cos’è il Regno, lo evoca. Dalla storia poi l’interlocutore deve tornare alla propria vita.
Il seme cresce da solo, il Regno non dipende dai nostri sforzi di volontà, ha una Sua forza autonoma: è un messaggio liberante per noi. Il Regno di Dio può partire dalle cose più piccole. È qualcosa di fragile ma ne verrà fuori qualcosa di grande. La grandezza si misura comunque sulla capacità di accoglienza.
Meditatio
La realtà è profondissima, la mentalità corrente, tecnico-scientifica, riesce a leggerne solo l’aspetto materiale, calcolabile, misurabile. Gesù ci chiede di abbracciarla in modo pieno. La realtà è fatta anzitutto da questo invisibile che la sostiene e l’alimenta, la rende feconda e viva. È un mistero tanto reale quanto concreto come ciò che vediamo: è l’invito ad aprire anche l’occhio dello spirito per guardare il Regno. Esso non si oppone a ciò che esiste, vi sta dentro.
Inoltre l’invito è a non guardare solo le cose grandi ma soprattutto l’infinito che sta nel piccolo. La fede è una scommessa folle che si fa su una cosa piccola, che però ha un potere immenso. In un tempo in cui il successo è considerato soltanto se tanti riconoscono ciò che facciamo o se facciamo grandi cose, l’invito di Gesù è ad avere fede nelle piccole cose profonde che quotidianamente costruiscono la nostra vita. E sapere che queste piccole cose conducono molto più in là di ciò che noi possiamo vedere oggi. Ci chiede di liberarci dall’ansia dei frutti, di credere profondamente a ciò che ci capita, di cui possiamo prenderci cura e metterci dentro una dimensione di speranza.
La spiegazione che lui dà ai suoi su tutto mostra che oltre ad essere un grande comunicatore, Gesù era anche un grande educatore, che perdeva tempo con chi gli stava vicino per ascoltarne le domande. È sicuro di quello che dice e perde tempo perché questo possa entrare nell’animo delle persone a cui vuole bene. È un Gesù sia pubblico che privato, che però mantiene una sua unità e forza nella parola che comunica.’ (Johnny Dotti)
Oratio
“Sia santificato (sottinteso: da te Padre) il Tuo Regno”: La parabola del granello di senape è una sfida alle nostre concezioni sulla presenza di Dio, che noi siamo tentati di cercare solo in ciò che è grande secondo la mentalità corrente.
Contemplatio
Il tempo è superiore allo spazio. Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. (…) Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. (…) Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n.223).
Fractio
“Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa” (vv.34). È il privilegio che possiamo vivere noi, a partire dalla celebrazione eucaristica domenicale, se ci mettiamo in ascolto del Signore Risorto.
L’opera d’arte
Jean-François Millet, L’Angelus (1858-59), Parigi, Musée d’Orsay. Le parabole di Gesù nel Vangelo di questa domenica ci offrono uno sguardo illuminante sul mistero del Regno di Dio “calato” nella realtà del mondo agricolo. Con l’opera celeberrima qui a fianco, Jean-François Millet, uno dei maggiori pittori del Realismo francese ottocentesco, intendeva, come lui stesso dichiarò, raffigurare un ricordo della sua infanzia trascorsa nei campi – quando la nonna interrompeva il lavoro per pregare al momento dell’Angelus – senza voler esaltare il sentimento religioso di per sé.
Tuttavia, è innegabile che il soggetto finisca con l’aprirsi ad una dimensione “contemplativa”. Due contadini, un uomo e una donna, sospendono la raccolta delle patate per raccogliersi in preghiera al suono delle campane della chiesa visibile sullo sfondo. Abbandonati gli strumenti di lavoro – il forcone, il cesto, i sacchi e la carriola, tutti raffigurati sulla tela -, entrambi sono assorti nel pregare, con il capo chino e le mani giunte al petto. Il paesaggio, volutamente spoglio, sottolinea la centralità del loro gesto, mentre la scena, carica di un pathos coinvolgente, è impostata in controluce, dando monumentalità ai due semplici contadini.
V.P.