Davvero manca il tempo?
Nuove generazioni e volontariato
di Federico Covili, Presidente Centro Culturale F.L. Ferrari – Modena
Se, come dice Papa Francesco, siamo immersi in un cambiamento di epoca, quelli che maggiormente sentono sulla pelle i tempi nuovi che avanzano sono sicuramente i giovani. E i giovani di oggi sembrano portatori soprattutto delle fatiche di questo passaggio. La cosiddetta generazione-covid sembra sempre più schiacciata tra le fragilità degli adulti e le domande senza risposta che riserva loro il futuro. Tanti parlano di giovani, ma quanti parlano con essi? Anche per questo la ricerca portata avanti dalla Pastorale Sociale di Carpi è un’esperienza rara e preziosa per i numeri (quasi 800 ragazzi coinvolti) e per i temi toccati.
Non abbiamo a disposizione dati precedenti e quindi non sappiamo come sia cambiata la percezione giovanile, ma sicuramente ci viene consegnato un quadro che vale la pena di approfondire. Un primo dato da citare è la grande considerazione che viene data a chi si impegna nel volontariato e il ruolo importante che ancora svolgono le comunità religiose: un quarto degli intervistati è infatti impegnato in una di esse. Un secondo numero significativo è la lontananza dalla politica: solo il 2,8% è inserito in un partito. Le grandi ideologie che infiammavano i giovani di alcune generazioni fa, sono ampiamente tramontate e i ragazzi si scaldano magari per singole battaglie, ma manca un impegno organizzato e organico, frutto di una visione complessiva.
I numeri che maggiormente mi hanno colpito sono però quelli dei motivi per cui i ragazzi scelgono di non fare volontariato. C’è un 18% che dichiara che nessuno glielo ha mai proposto, un dato strabiliante se pensiamo alla “fame” di volontari di tante associazioni e che mette in risalto nuovamente l’incomunicabilità tra generazioni.
Un 34% sostiene che non è interessato ad impegnarsi per gli altri e un altro 34% spiega di non fare volontariato perché non ha tempo. Dati su cui riflettere, se pensiamo che la gioventù dovrebbe essere l’epoca degli slanci generosi e di quella “sana” noia che spinge a sognare. Ma come spendono il tempo i nostri ragazzi? Penso all’agenda fitta di impegni a cui sono sottoposti molti di essi, fra scuola, sport e corsi di vario tipo, spesso affrontati con una cultura della performance a tutti i costi. E penso al tempo passato sui dispositivi elettronici. C’è chi è vittima di un tempo che schiaccia e consuma ogni forza e chi è vittima di un tempo che toglie vita ed energia.
Partecipare, per un giovane, significa fare esperienze di vita, costruire relazioni forti, accorgersi di un mondo ben più ampio rispetto a quello della propria famiglia o scuola. Il volontariato è una palestra che insegna a dare tempo alla vita e vita al tempo, che fa crescere gli altri ma soprattutto se stessi. È fondamentale ripartire da qui e, proprio per questo, il sondaggio proposto appare ancora più importante: abbiamo bisogno di una nuova capacità di ascolto e di nuove forme di partecipazione. Per il bene dei giovani e di quella società di cui essi sono e saranno parte (più o meno) consapevole.