Lo stile dell’ascolto
Racconto dell’esperienza al Convegno Missionario Nazionale a Loreto
“Cuori ardenti e piedi in cammino” è questo il tema scelto per il sessantasettesimo Convegno Missionario Nazionale dei seminaristi che si è svolto dal 10 al 13 aprile a Loreto presso il Santuario della Santa Casa di Nazareth. Il convegno, organizzato annualmente da Missio Consacrati, ha visto la partecipazione di un centinaio di seminaristi provenienti da ogni parte d’Italia che hanno dato vita a giornate ricche di dialoghi, testimonianze e ascolto della Parola di Dio in un clima fraterno e gioviale.
La casa di Nazareth, come ci ha ricordato nel saluto iniziale, monsignor Fabio Dal Cin (vescovo di Loreto) è il luogo in cui la Parola di Dio è stata offerta e in cui Maria ha pronunciato il suo sì. “Non è rimasta però successivamente a contemplare la sua beatitudine ma ha trasformato la sua accoglienza in servizio. Gli stessi discepoli di Emmaus non possono fermarsi ma devono subito rimettersi in viaggio per annunciare il loro incontro e la presenza viva del Signore. Discepolato e missione sono dimensioni congiunte e non possono che andare di pari passo”.
Nella prima giornata suor Chiara Cavazza, francescana e psicoterapeuta, ci ha parlato dell’importanza di imparare ad ascoltare il proprio cuore cercando di descrivere i sentimenti che vi risuonano, di cui spesso siamo analfabeti. “Il cuore è il nostro nucleo più profondo, esprime chi siamo ed è il luogo dove possiamo decidere il bene o il male, fare la volontà di Dio o rimanere dentro le nostre logiche. Nel nostro cuore ci sentiamo appartenenti a due mondi: quello del limite, il ‘cuore piccolo’, che dice la contingenza, cioè chi siamo, e quello spirituale, il ‘cuore grande’, fatto di desideri, ideali, valori, che dice chi vogliamo essere. Entrambe queste dimensioni, che portano ad apertura o chiusura, sono due modi di funzionare che ci rendono ad immagine e somiglianza di Dio, devono perciò supportarsi a vicenda in una sana tensione fra i due poli in cui bisogna evitare gli estremismi”.
Nella relazione della seconda giornata è intervenuto invece padre Gianni Giacomelli, monaco camaldolese, che a partire da una rilettura del brano dei discepoli di Emmaus, si è focalizzato sull’importanza del discernimento della Scrittura di fronte ai fatti reali che ci capitano. “I cammini di ricominciamento ed invio in missione nascono anche da sconfitte che portano a passaggi pasquali. I due discepoli di Emmaus facevano l’omelia l’uno all’altro senza trovare il senso di ciò che era accaduto ma questo non riuscì a cambiare il loro sguardo. Di fronte ai luoghi smarriti Dio non sta su un’altra strada ma condivide con loro ansia e angoscia, pur rimproverando di essere cuori ritardati perché aveva già preannunciato tutto nelle antiche Scritture. Stare con Gesù quando si fa sera significa guarire nel proprio cuore e nella propria disillusione, il cuore ardente dei discepoli non si improvvisa ma è frutto di un lavoro retrostante che porta ad un cambio di sguardo”.
Gli spunti e le provocazioni lasciate dai relatori sono stati poi oggetto di confronto a piccoli gruppi in laboratori pomeridiani. Quanto emerso è stato sintetizzato nell’ultima mattinata da don Giuseppe Pizzoli (direttore di Missio). Un primo aspetto recepito dalla sintesi è che la missione si fa a partire dall’ascolto. Per la fretta di fare il nostro dovere a volte l’ascolto è approssimativo o formale. L’ascolto non deve essere un dovere ma uno stile che ci permette di avere empatia con la gente e di perdere tempo con loro. La missione è stare nelle situazioni a fianco della gente con testa, cuore, mani e piedi. Stare con semplicità e senza vergogna di stare anche con i nostri limiti, col nostro cuore grande ma anche con quello piccolo, che ci dà la capacità critica di valutazione. Anche per un prete diocesano può essere utile stare nelle situazioni del mondo, con attenzione alla dimensione universale, non solo in quelle del nostro orto di casa. Questo aiuta ad avere uno sguardo diverso sui nostri problemi e la nostra quotidianità, evitando inutili tragedie.
In conclusione, possiamo dirci grati al Signore per aver potuto partecipare a questo evento che ci ha dato senz’altro spunti interessanti per proseguire la nostra piccola missione quotidiana, desiderosi di corrispondere meglio a quel sì al Signore come ha fatto Maria, in quella casa.