Beato il popolo scelto dal Signore
La diocesi di Carpi legge il Vangelo - Vangelo di domenica 26 maggio 2024
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
A cura di Laura Lamma, Segreteria del Cammino Sinodale interdiocesano e del Consiglio Pastorale Diocesano
Lectio
Gesù è risorto dalla morte, non morirà più, vivrà per sempre e vivrà in Dio. Oltre a Gesù nel testo troviamo i discepoli, che Matteo si premura dirci che sono undici e non più dodici, perché uno, Giuda, non c’è più, ha tradito e si è tolto la vita. Matteo li chiama discepoli e non apostoli, discepoli vuol dire allievi. Essi sono stati allievi, discepoli di Gesù, per tutta la sua vita terrena; in Matteo Gesù viene presentato come il Maestro. E qui Lui, il Risorto, continua ad essere l’unico Maestro, loro rimangono dei discepoli, per sempre.
Gesù si intrattiene e instaura un dialogo con loro, i discepoli, che qui rappresentano una comunità, un gruppo compatto anche se non perfetto. A questa comunità Gesù fa una promessa chiara e precisa: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Questi i principali protagonisti del testo di Matteo che, seppur breve, si sviluppa in tre momenti. Un primo momento la manifestazione di Gesù risorto in Galilea, dove tutto cominciò. In un secondo momento Gesù dà ai discepoli un compito preciso e nel terzo ed ultimo momento, Gesù fa loro la promessa di fedeltà.
Meditatio
I discepoli davanti a Gesù risorto si prostrano anche se alcuni dubitano. Si prostrano, si gettano a terra, con un gesto che significa riconoscere che Lui non è come uno di noi, Lui è il Signore. Nello stesso tempo, però, alcuni dei discepoli dubitano. Questo incontro, questo faccia a faccia, apre uno spazio al dubbio. La resurrezione di Gesù non è una luce che ci travolge e ci toglie la fatica di credere, piuttosto è una realtà che ci mette in cammino, sapendo che con le domande, le paure e le incertezze avremo sempre a che fare.
Al gesto dei discepoli, che si prostrano, Gesù si presenta come colui che ha ogni potere in cielo e in terra, cioè ovunque. Da dove viene questo potere? È il potere di quel Dio che non conoscevamo, è il potere di perdono, di misericordia; il potere che è in cielo; il potere del Padre che ama tutti: lui l’ha portato sulla terra amando tutti fratelli e dando la vita per loro. È il potere dell’amore. A questo momento segue un comando: Gesù dice di andare da tutte le genti, ad insegnare e battezzare, cioè ad immergere, andare a fondo in Dio: nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. I discepoli sono chiamati a collaborare con Gesù risorto per diffondere il suo insegnamento e la sua presenza a tutte le genti, a qualsiasi uomo o donna, di qualunque estrazione sociale, di qualunque nazionalità e cultura, senza esclusioni e distinzioni.
Infine Gesù fa una promessa ai discepoli: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Gesù non dice con te: ma con voi, perché se manca la fraternità escludiamo lui che è il Figlio. Se escludo un fratello escludo il Figlio di Dio che si è fatto ultimo di tutti. Con voi tutti i giorni: la storia è fatta di tanti giorni: ogni giorno è con noi. Non c’è giorno sì e giorno no, giorni alterni: ogni giorno. Come in Galilea nella quotidianità del posto, così come nella quotidianità della vita.
Oratio
Preghiamo per le nostre comunità parrocchiali perché, sostenute e accompagnate dallo Spirito Santo siano annunciatrici di quella speranza che Gesù risorto ci ha promesso, a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo.
Contemplatio
“Partii decisa a gridare il Vangelo con la vita sulla scia di Charles de Foucauld, che aveva infiammato la mia esistenza. Trentatré anni dopo grido il Vangelo con la mia sola vita e brucio dal desiderio di continuare a gridarlo così fino alla fine […]. Vivo una vita molto sobria nell’abitazione, nel cibo, nei mezzi di trasporto, negli abiti. Ho rinunciato spontaneamente alle abitudini occidentali. Ho ricercato il dialogo con tutti. Ho dato care: amore, fedeltà e passione” (Annalena Tonelli, medico volontario, uccisa a Borama in Somalia il 5 ottobre 2003).
L’opera d’arte
Hans Multscher, Trinità (circa 1430), Francoforte, Liebieghaus. Hans Multscher fu il massimo interprete dell’arte tardogotica in area germanica e sudtirolese, in cui introdusse il gusto per il realismo della coeva produzione fiamminga. Fra i suoi capolavori, spicca questo piccolo gruppo scultoreo di alabastro dipinto. Un angelo, dalle ali e riccioli dorati, mostra al Padre il corpo del Cristo morente, reggendolo per evitare che cada. Nella figura di Gesù, l’artista si concentra sulla resa dell’anatomia in modo plastico – si notino le vene, le costole, i muscoli -.
L’anziano Padre osserva con sguardo dolente il corpo del Crocifisso, alzando la mano a benedire il sacrificio del Figlio per la salvezza del mondo. Una colomba, lo Spirito Santo, sembra prendere forma dalla barba del Padreterno per poggiarsi sulla testa di Cristo, rievocando l’episodio del Battesimo nel Giordano, quando si udì una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (Mc 1,11). La “scena” ideata da Multscher assume, dunque, l’iconografia di una sorta di Pietà, la quale esalta il legame d’amore tra le tre persone della Trinità, con l’angelo a rappresentare il fedele che ne contempla il mistero.
V.P.