Dietro tanto antifascismo c’è soltanto il crepuscolo di una scadente politica
In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani
Sono nato, per mia fortuna, a guerra finita. Del fascismo ho sentito parlare. Ma, non più di tanto. Quello che ho saputo, in parte l’ho studiato sui libri di storia, documentandomi. In parte, l’ho appreso da episodi di famiglia che ho rigorosamente raccontato (mi si perdoni la citazione) nel mio ultimo lavoro: “Quel prete è da fucilare”. Per il resto sono cresciuto respirando aria di libertà. Il boom economico degli anni Sessanta, poi il ’68 con la rivoluzione culturale, i figli dei fiori, gli hippy, il vietato vietare… Ho visto le battaglie per il divorzio e l’aborto, quelle radicali di Pannella e dei suoi accoliti e, via via, tutto quello che è venuto dopo, senza mai essermi sentito limitato nella mia libertà. Anzi. A volte, mi capita di avvertirne intorno un eccesso fino a rasentare l’anarchia, come se avessimo paura a dire dei no, che è il modo più facile per distruggere la libertà stessa la quale, per essere realmente tale, la prima cosa di cui ha bisogno è darsi dei confini.
Penso a tutto ciò, mentre intorno non sento altro che parlare di fascismo, di politica fascista, di governo fascista… E mi chiedo a quale oculista dovrò rivolgermi, considerato che non riesco a vedere tutto questo. Eppure il tam tam è diventato così martellante che, alla fine, finirà per crederci. A dire la verità ci sono intorno dei segnali che, di quando in quando mi creano qualche preoccupazione, ma li ho sempre catalogati sotto il segno dell’intolleranza, più che altro. Penso a qualche tempo fa, quando a papa Benedetto XVI fu impedito, da papa, di andare a tenere una Lectio magistralis all’università La Sapienza. Alcuni professori, con le loro pilotate legioni straniere di studenti, misero in piedi le barricate. Oppure, per stare ai giorni nostri, penso alla signora Rowling, quella che si è guadagnata pane e companatico scrivendo di Harry Potter, oggi costretta a vivere sotto scorta e con il pericolo di una condanna a otto anni di galera, per aver detto che, in natura, i generi sono due, maschile e femminile, catalogando tutto il resto come generi del cuore. Penso al politicamente corretto che impedisce a una giornalista Rai di dire che l’aborto è un delitto, o a quanto fiorisce intorno alle teorie di genere, maternità surrogate, uteri in affitto… Provate a dire che non siete d’accordo su questi temi e poi fatemi sapere. Penso anche a quanti vanno in piazza a sfasciare quanto trovano, in nome dell’antifascismo. A quelli che vogliono distruggere le sinagoghe, in nome della solidarietà ai palestinesi e a tutto quel crepuscolo di manganellatori che, sotto la bandiera dell’antifascismo, ci regalano i rantoli di una vecchia cultura politica, incapace di misurarsi con la modernità, se non denunciando pericoli di fascismo a destra e a manca.
Nei giorni scorsi, lo storico Scurati ci ha regalato l’ultimo bluff in questo senso. In un pistolotto di un minuto, che doveva essere retribuito con 1800 euro presi anche da quelli che ci cavano dalla bolletta della luce, partendo dall’omicidio dell’antifascista Giacomo Matteotti planava con un attacco frontale alla Presidente del Consiglio, nome e cognome, per denunciarne il fascismo incombente. Al maldestro rifiuto alla messa in onda da parte della Rai, dove tutto sembra possibile tranne che fare censure intelligenti, è seguita una sceneggiata degna di un film da camicie nere. Mancava solo il plotone di esecuzione davanti al cavallo di via Mazzini ma, per il resto, la regia non aveva trascurato alcun dettaglio. Tra poco, su Sky, uscirà una fiction, a più puntate, ispirata alle opere di Scurati su Mussolini, mentre i suoi libri stanno avendo un’impennata di vendite come non si vedeva da tempo. Sorrida pure, Scurati, il Duce rende.