Apostoli della libertà
25 aprile. Preti e suore da ricordare
di Fabio Montella, storico
L’attivismo del clero nella nostra provincia ha prodotto una delle pagine più belle della lotta di Liberazione, dalla quale è nata la nostra Repubblica. È stato calcolato che dei circa 300 sacerdoti che esercitavano il loro ministero in provincia di Modena durante la Resistenza, almeno 120 diedero un contributo significativo alla lotta al nazismo e al fascismo; due dittature che sono state – fin dal loro sorgere e per tutta la loro storia – fenomeni criminali. Oggi è bene ricordare questo aspetto, che del resto era ben chiaro al clero modenese e carpigiano dell’epoca. Solo una minoranza dei religiosi, infatti, fornì sostegno alla Repubblica Sociale Italiana (Rsi) e all’occupante tedesco. Ai “preti resistenti” vanno poi aggiunte molte religiose, il cui impegno antifascista e antinazista è stato finora messo ai margini dalle ricostruzioni storiche e dalla memoria collettiva, credo per un pregiudizio di genere.
Tra le province emiliane, quella di Modena presenta il maggior numero di preti riconosciuti “partigiani” o “patrioti” (24). Tra i sei sacerdoti italiani decorati di medaglia d’oro al valor militare alla memoria, uno è modenese (don Elio Monari). Tra i 36 preti italiani deportati nei lager nazisti, due sono modenesi. I preti che subirono arresti o detenzioni carcerarie più o meno prolungate e dure da parte dei nazifascisti furono una trentina.
Il 25 aprile è dunque anche la festa delle religiose e dei religiosi che ebbero il coraggio di schierarsi dalla parte della libertà, opponendosi a regimi votati all’omicidio come prassi politica e ribellandosi a leggi che ritenevano ingiuste. Il loro apporto fu fondamentale nell’aiuto a tutti i perseguitati: i ricercati antifascisti, i disertori della Rsi, i giovani renitenti alla leva, i prigionieri alleati evasi dai campi di concentramento, gli ebrei che rischiavano la deportazione e la vita. Le chiese, le canoniche e i conventi si trasformarono in rifugi, furono attivate reti di solidarietà e di soccorso, vennero forniti documenti falsi, abiti e cibo.
A ricordare questo straordinario impegno nella Diocesi di Carpi fu lo stesso vescovo, Federico Dalla Zuanna, che rischiò in prima persona per aiutare i perseguitati. Nella sua Sommaria relazione degli anni 1940-1945, Dalla Zuanna citò innanzitutto i nomi di don Dante Sala, «incarcerato e minacciato di morte per essersi adoperato a favore degli ebrei», e di don Ivo Silingardi, «per l’esercizio della carità verso i patrioti». Ricordò poi i sacerdoti arrestati «per avere compiuto il loro dovere ed essere intervenuti in difesa dei fedeli»: don Giuseppe Manicardi, arciprete di Panzano, don Antonio Bellini, don Corinno Borali, don Medardo Zalotti, don Alessandro Marchetto, don Carlo Carnevali, don Antonio Bautti, don Alvarez Grandi e don Vincenzo Benatti. E ancora: don Enrico Bussetti, prevosto di San Possidonio, don Luigi Tosatti, arciprete di Concordia, don Walter Silvestri, arciprete di Limidi, don Oves Diazzi, arciprete di Migliarina, monsignor Aldo Valentini, prevosto di Mirandola, e don Euro Melegari, vicario cooperatore a Cortile, i quali avevano difeso e salvato «tanti poveri figlioli dal carcere e dalla morte». Dalla Zuanna ricordò inoltre alcuni suoi «collaboratori indefessi», che avevano assunto «incarichi delicati e pericolosi specialmente per soccorrere i rastrellati»: don Pio Tarabini Castellani, don Tonino Gualdi, monsignor Gino Lugli, don Bruno Menotti e don Apelle Grassi. Don Francesco Venturelli venne ricordato soprattutto per l’impegno assistenziale a favore degli internati del campo di concentramento di Fossoli.
La storica Ilva Vaccari ha aggiunto a questo elenco la superiora del convento delle Cappuccine di Carpi, che non esitò ad accogliere nel suo monastero le armi che don Benatti aveva raccolto da un acquartieramento militare italiano abbandonato, consegnandole ai partigiani. Ma quando si ragiona su questi temi non si può neppure dimenticare che i religiosi morti durante il conflitto o immediatamente dopo furono ben 17 in provincia di Modena: due nella Campagna fascista di Russia, cinque (compresa una suora) per gli “effetti collaterali” dell’avanzata alleata e tre per mano nazifascista (don Elio Monari, don Natale Monticelli e don Giuseppe Donini). Altri sette (compreso don Venturelli) caddero vittima della violenza senza controllo di assassini che agirono per moventi complessi, come ci mostrano chiaramente le fonti giudiziarie (a volerle indagare seriamente, senza preconcetti o teoremi così cari ai “revisionisti” di ieri e di oggi). Spesso si trattò di tentativi di rapina, ai quali non furono estranei l’odio per la fede ma soprattutto la svalutazione della vita umana e l’insensibilità verso la sofferenza altrui, terribili corollari di ogni conflitto armato. Anche nella nostra provincia la guerra voluta da Mussolini – come il sonno della ragione – ha generato molti mostri; ma ha anche dato impulso a una straordinaria reazione di riscatto, ad opera della parte sana della popolazione italiana; una reazione alla quale parteciparono, con ruolo da protagonista, tanti sacerdoti e suore della Diocesi. Ricordiamoli, in questo 25 aprile.