Candidature strumentali che ricordano la politica degli interessi privati
In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani
Di Ilaria Salis, prigioniera in Ungheria, ho detto e scritto ripetutamente. Per denunciare lo stile medievale della magistratura ungherese, che tratta i carcerati come animali pericolosi da esibire in tribunale con le mani in catene e i ceppi ai piedi. Un trattamento disumano che viola la dignità delle persone e la Convenzione dei diritti umani dell’Unione europea la quale, all’articolo 3, “proibisce la tortura e il trattamento o la pena, disumani e degradanti”. Il signor Orban, presidente ungherese, deve farsene una ragione. Se vuole restare in Europa non può farlo a corrente alternata, attaccando la spina quando va all’incasso degli Euro, per staccarla subito dopo, rivendicando l’autonomia di fare quello che gli pare e piace.
Su Ilaria Salis ho criticato anche il governo italiano, troppo remissivo nella gestione di questo caso. Se l’Ungheria si “pappa” anche i nostri soldini, penso sarebbe il caso di ricordarle che il rispetto dei nostri cittadini viene prima del denaro, visto che non lo disdegna. Punto e a capo. Se oggi sono ancora qui a parlare di Ilaria Salis è solo per gli interrogativi che la sua candidatura al Parlamento europeo, nelle liste AVS (Alleanza Verdi e Sinistra), ha suscitato in molti cittadini. Una candidatura finalizzata a consentirle la fine della detenzione, grazie all’immunità parlamentare e la conseguente possibilità di affrontare il processo da donna libera. Intenzione nobile che deve misurarsi, peraltro, con altre considerazioni.
Si dice che oggi sia in atto una grande lontananza della gente dalla politica e i dati dell’affluenza alle urne, ormai molto spesso sotto il 50%, ne sono la conferma più clamorosa. Gli esperti concordano nel sostenere che, alla base di questa disaffezione, stia l’impressione della gente che chi va in politica spesso sia incompetente e quasi sempre lo faccia per garantirsi una rendita di posizione. Tradotto, ci si va per farsi i propri affari. Non so se sia sempre vero ma, come dice il proverbio, di sicuro non si dice vacca se non c’è un pelo grigio.
Per analogia ci si chiede: quale sarebbe la differenza tra Ilaria Salis, dentro il Parlamento europeo e con il ricco appannaggio di compenso e benefit che le deriverebbero, da quanti si mettono in politica solo per finalità di interesse privato? Quale apporto al bene comune potrebbe derivare da una sua presenza in Parlamento? E non tiriamo in ballo la morale comparativa per cui, se tra i politici ci sono opportunisti, mafiosi, ladri e imbroglioni, allora tutto è possibile. Non mi stancherò mai di denunciare l’abitudine perversa, oggi molto diffusa sui social, di far ricorso alla morale comparativa, per dire che, a fronte di casi più gravi, tutto è consentito. Sarebbe come dire che, visto che qualcuno ammazza le donne, picchiarle potrebbe diventare una prassi accettabile.
In politica l’interesse privato decreta la morte della politica stessa che, come diceva Paolo VI, è, o dovrebbe essere, la più alta forma di carità. Tornando alla signora Salis e ai partiti che l’hanno candidata ci si chiede, infine, quale sia il suo apporto di contenuti politici alla crescita dell’Europa. Pur rispettando la legittimità di ognuno ad avere le proprie idee, non bisogna dimenticare che lei è espressione di quei circoli anarchici che non hanno dimostrato grande eleganza di metodi, andando in giro a manganellare chi non la pensava come loro. Quattro condanne passate in giudicato e ventinove segnalazioni all’autorità giudiziaria non sembrano il massimo per un manifesto politico su cui fondare i destini d’Europa.