Una pasionaria fai da te e tanta ipocrisia politica a Destra come a Sinistra
In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani
Se non fosse per l’amore del padre, che non cessa tenacemente di fare il padre, il destino di Ilaria Salis non sarebbe diverso da quello dei nostri 2600 prigionieri confinati in qualche carcere del mondo, nella più totale indifferenza degli italiani e dei politici che se ne dovrebbero prendere cura. Di questa cittadina trentanovenne, nata a Monza e residente a Milano, dove fa la maestra elementare, l’idea che mi sono fatto è che, al di là dei proclami di antifascismo di cui si appunta fanaticamente la medaglia, sia un tantino sprovveduta. Una moderna “pasionaria” di periferia la quale, più che al ricorso di intelligenti strategie politiche, si limita a gesti clamorosi, tirandosi addosso denunce e ripetute segnalazioni da parte dell’autorità giudiziaria. L’ultimo atto, probabilmente dagli esiti mal calcolati, è quello che le è costato l’arresto in Ungheria nel 2023. Lo scorso anno, a Budapest si celebrava il Giorno dell’Onore, un raduno dell’estrema Destra europea, per ricordare come nel 1945 un Battaglione nazista aveva respinto l’Armata russa che tentava l’invasione del Paese.
La Salis era partita insieme ad altri manifestanti dei centri sociali per contrastare quella manifestazione. Ne era scaturito uno scontro a manganellate durante il quale due rappresentanti nazifascisti erano finiti in ospedale, sia pure con lievi ferite. Identificata e arrestata, Ilaria Salis ora rischia 24 anni di carcere, una pena davvero sproporzionata, oltre ogni logica. Ma quello che ha colpito l’opinione pubblica europea è il trattamento inumano con cui è stata gestita la sua immagine pubblica, durante le prime fasi del processo. È stata tradotta in tribunale con una catena, come si sarebbe fatto con un animale pericoloso e con i ceppi ai piedi. Immagini, che raccontano un trattamento umiliante, che va contro tutte le carte dei diritti civili e i principi dell’Unione europea.
Ma più ancora che vittima di se stessa, Ilaria Salis rischia ora di esserlo anche dell’ipocrisia della politica italiana. A cominciare dalla Destra la quale, con pilatesca indifferenza, ha giustificato ripetutamente la propria impotenza a intervenire, nascondendosi dietro al dito della sovranità giudiziaria per cui, se in Ungheria la legge è questa, loro non ci possono fare nulla. Ma cosa avrebbero fatto se, anziché in “collegio” dall’amico Orban, la signora Salis fosse stata prigioniera in un Paese comunista? Perché nessuno ha ricordato al signor Orban che se vuole avere i soldi dall’Europa, che anche gli italiani versano ogni anno, dovrebbe cominciare a rispettare le leggi che valgono per tutti i cittadini dell’Unione? Quando la Destra italiana dice che ogni Stato applica le proprie leggi, c’è o ci fa? A grattare sotto la scorza si scopre che l’ipocrisia più grossa è quella dei due pesi e due misure, quando si valuta se strillare, guardando prima se dall’altre parte c’è un avversario oppure un amico di merende.
Ma per una ipocrisia di Destra non ce n’è una minore di Sinistra. A parte la stupidità di proporre la signora Salis come candidata al Parlamento europeo (usare il manganello non è fare politica. È violenza. Punto e a capo), l’impressione è che ancora una volta si usi il caso di questa prigioniera per fare opposizione al governo. Che sarebbe come dire: di te, cara Salis, non ce ne importa un fico, ma ci torni utile per le nostre strategie elettorali. Se davvero la signora Schlein ha a cuore i destini dei carcerati cominci a battere un colpo sulle tante situazioni di disagio e sulla giustizia italiana che fa acqua da tutte le parti. Ne uscirebbe meglio lei e più credibili le sue battaglie.