Meno malumori e più gioia
Messa crismale presieduta dal Vescovo in Cattedrale. Ricordati gli anniversari dei sacerdoti. L’omelia sulla “comunione ecclesiale”
di Virginia Panzani
Nella sera del Mercoledì Santo, il 27 marzo, nella Cattedrale di Carpi, il vescovo Erio Castellucci ha presieduto la Messa crismale, concelebrata con il vicario generale, monsignor Gildo Manicardi, e i sacerdoti della Diocesi. Una liturgia che precede il Triduo pasquale e durante la quale sono stati benedetti gli oli sacri che serviranno per l’amministrazione dei sacramenti. Come da tradizione, si sono ricordati i sacerdoti dei quali nel corso dell’anno ricorrono particolari anniversari di ordinazione: il 70° di sacerdozio di don Luciano Ferrari; il 60° di don Carlo Gasperi e don Carlo Truzzi; 25° di don Andrea Zuarri.
Nell’omelia il vescovo Castellucci, commentando il brano del Vangelo appena proclamato (Lc Lc 4,16-21), ha spiegato che le profezie, contenute nelle Scritture, si compiono in Gesù “in quanto consacrato e mandato per i poveri, per i prigionieri e i ciechi, per gli oppressi, per proclamare il giubileo, cioè per tutti noi. In lui ci siamo noi: il suo ‘io’ non è rinchiuso semplicemente nel perimetro del suo corpo fisico; il suo ‘io’ è il ‘noi’ che in lui si concentra. In lui, Verbo fatto carne, si alleano Dio e gli uomini, in lui diventano consanguinei. Per questo nei Vangeli Gesù è l’unico a potersi permettere di dire continuamente ‘io’, a definirsi e mettersi al centro, senza essere autoreferenziale”. “Sarebbero pretese esorbitanti”, ha affermato monsignor Castellucci, se Gesù stesso, tra il suo ‘io’ e ‘noi’, non avesse gettato questo ponte: ‘dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro’ (Mt 18,20) e: ‘io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’ (Mt 28,20). Il ponte è la risurrezione: il suo ‘io’, passato attraverso l’infamia della croce, ospita tutti i credenti in lui. E questo ‘io’, che diventa ‘noi’, si chiama ‘Chiesa’”. Ha poi proseguito il Vescovo sottolineando che “la Chiesa non è solo la somma dei battezzati; la Chiesa è il corpo di Cristo che, morto e risorto, continua ad ospitare le sue membra, noi. Se la nostra prospettiva ecclesiale non prendesse le mosse da questo mistero, l’appartenenza alla Chiesa si ridurrebbe all’iscrizione ad un’associazione o ad un club qualsiasi”. Non è solo “una questione accademica, ma anche pastorale”, ha specificato il Vescovo, perché “chi pensa che la Chiesa sia la semplice somma dei suoi aderenti, punta sul proprio ‘io’, cade spesso nelle logiche di minoranza-maggioranza e si appassiona per le proprie idee, cercando di farle prevalere e mettendo magari in cattiva luce chi non la pensa allo stesso modo.
Ma solo Gesù può permettersi di centrare ogni cosa sul proprio ‘io’, perché è un ‘io’ ecclesiale. Chiunque altro facesse perno sul proprio ‘io’, nella Chiesa, ferirebbe la comunione, cioè il corpo di Cristo. Un diacono, un prete o un vescovo, – ha rimarcato – che si impegnasse per gli altri anche con dedizione e professionalità, ma che ferisse la comunione, farebbe come Penelope: di giorno tesse la tela della vita ecclesiale e di notte la disfa”. E ancora: “La comunione, per radicarsi in Cristo, ha bisogno di missione. Siamo tanto più uniti tra di noi, quanto più ci appassioniamo ai veri problemi della gente: alla loro povertà interiore ed esteriore, alla prigionia del corpo e dell’anima, alla cecità della vista e del cuore, alle oppressioni e alle miserie. Il corpo di Cristo necessita di ossigeno: l’aria inquinata e avvelenata, di chi attacca e offende, non può che danneggiarlo.
Il Signore – la preghiera del Vescovo – ci conceda di vivere la letizia di essere Chiesa, di lasciarci convertire dai poveri, di sentirci accorpati al suo ‘io’, pieni di riconoscenza per il grande dono della fede e del ministero. Meno malumori e più gioia – l’esortazione finale -: se saremo grati per il dono della fede e del ministero, vivremo contenti noi e porteremo consolazione ai fratelli”.
Il saluto introduttivo del Vicario Generale
Sul tema della comunione ecclesiale è intervenuto anche monsignor Manicardi, nel messaggio introduttivo alla Messa crismale, ringraziando “don Erio” per la sua presenza alla “più bella di tutte le celebrazioni eucaristiche, quella che esprime al massimo la sinodalità del ministero sacerdotale” e citando con gratitudine i sacerdoti che ricordavano gli anniversari di ordinazione – complessivamente “215 anni di vita presbiterali”. In un tempo di “guerre spietate”, “anche la nostra comunità di discepoli del Signore – ha affermato il Vicario Generale – è toccata da divisioni imbarazzanti e alcuni lasciano maturare nel loro cuore persino il veleno del rancore. Il nostro presbiterio ha pure bisogno di preghiera e grazia evangelica perché la comunione pastorale, la sinodalità e i legami di amicizia siano più sereni e genuini. Lo sappiamo, ed è anche per questo che questa notte preghiamo”.