Una coppia famosa in crisi occasione per pensare che cosa vuol dire amare
In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani
Non sarà all’altezza dell’epica di Luchino Visconti, con la Caduta degli dei, film del 1969, ma è certo che i registi dell’informazione non fanno nulla per ovattare una notizia che, oggettivamente, meriterebbe il sottoscala del gossip. E invece no, perché una regola del buon giornalismo è che, criterio per scrivere di qualcosa, sia anche il numero delle persone interessate o coinvolte. In questo caso i trenta, quaranta milioni di followers che ogni giorno sono lì a mettere il naso in casa Fedez-Ferragni e a farsi consigliare cosa pensare e cosa comprare. A popolare di fantasmi tristi i seguaci della coppia, la bomba di un amore andato in frantumi nei giorni scorsi. Una premiata ditta quella dei Ferragnez, da cento milioni di fatturato lei, qualcosa di meno lui.
Sento già il rimbrotto in arrivo: anche tu a commentare queste cose? Ebbene sì e a ragion veduta. Abituato per lavoro a interessarmi delle cose della terra, sono convinto che a volte questo sia l’unico modo per cominciare a guardare in alto, alla ricerca della bussola del Cielo. Premetto che non ho alcuna intenzione di impancarmi a giudice davanti ad una sconfitta affettiva e, tantomeno, di aggregarmi alla schiera degli invidiosi, capaci di gioire lasciando sulla tastiera la perfidia della loro pochezza. Se mai ho una tentazione, quella è solo un sentimento di compassione.
Otto anni di conoscenza e cinque di matrimonio, tanto sembra essere durata la loro avventura, venduta sui social come la più invidiabile delle love story. Giusto il tempo di mettere al mondo due creature dai nomi vincenti, Vittoria e Leone, oggi consegnati alla gestione di qualche legale, intento a mettere i paletti nei loro rapporti parentali. Un destino comune a quanto succede a tantissime altre coppie e ai loro figli. Il tutto fiorito probabilmente su un banalissimo concetto di amore, oggi molto in voga, secondo il quale sarebbe la passione a giustificare il nascere e il finire degli amori, dimenticando che la spinta a possedere l’oggetto del desiderio finisce nel momento stesso in cui lo si possiede, soddisfacendo il desiderio stesso. Si comincia a lasciarsi lentamente mentre si vive ancora insieme, in questo dando ragione al filosofo Nietzsche, il quale sosteneva che «l’amore non è che un pietoso benessere a due, una lunga sciocchezza».
Un dato di fatto diffuso, pensando a quante case sono piene di coppie ridotte a società cooperative di mutuo soccorso dove il compatirsi è spesso la strada obbligata, mancando di coraggio o di risorse per andare ognuno per la propria strada. Bisognerà, invece, tornare a dire alle nuove generazioni, sperando che ci siano in circolazione testimoni attendibili, cosa vuol dire amare, nell’arte difficile di pensarsi in due, attraverso l’impegno quotidiano a combattere l’io crudele che ognuno si porta dentro. Tra le cause del fallimento della coppia più invidiata d’Italia sembra che abbiano influito non poco le recenti vicissitudini in affari dei due protagonisti, sfociate in una serie di recriminazioni reciproche, intinte nel fiele, come quando si tocca il portafoglio, prima ancora del cuore. Mi tornano alla mente le parole di Cesare Pavese nel suo diario: «Sarai amato il giorno in cui potrai mostrare la tua debolezza, senza che l’altro se ne serva per affermare la sua forza». Costruire l’amore senza sciuparlo, passando per i valichi impegnativi del vissuto, è la vera sfida per sottrarlo alla passione e al potere, consegnandolo alla felicità.