Intervista a Marco Rettani
CulturalMente, una rubrica di Francesco Natale
Il Festival di Sanremo trascina con sé una storia di 74 anni d’Italia. Ospite del nuovo appuntamento di CulturalMente è Marco Rettani, co-autore assieme a Nico Donvito di “Ho vinto il Festival di Sanremo” (La Bussola, 2024).
Il Festival di Sanremo ha raggiunto la sua 74° edizione. A quell’età le persone iniziano ad avere i capelli bianchi. Sanremo, invece, a 74 anni, attira molto i giovani. Perché?
74 anni, ma è una manifestazione contemporanea a se stessa. Ha attraversato molti periodi. All’inizio non era un programma o un festival per giovani o per anziani, era per una popolazione che era in crescita. Agli inizi era un programma radiofonico riservato ad un’élite che andava al Casinò al Salone delle Feste in cui c’erano dei cantanti che esponevano vari tipi di canzoni. Direttori illuminati come Amadeus sono riusciti a prendere per mano un’organizzazione così importante e portarla ai giovani, anche con i nuovi sistemi di comunicazione, creando dei cast trasversali anche come età. Il Festival, anche grazie ad Amadeus che ne riesce a cambiare il linguaggio, è un fenomeno contemporaneo.
In “Ho vinto il Festival di Sanremo” oltre ad un’introduzione prestigiosa a cura di Amadeus ci sono i racconti di chi ha fatto la storia della musica italiana. Quanto avete impiegato a raccogliere tutte queste voci?
Ci abbiamo messo un anno di lavoro. Non è stato difficile scrivere questo libro perché ogni artista se l’è scritto da sé. Sono trenta capitoli che narrano di trenta vincitori di Festival che raccontano quello in cui hanno vinto e la loro carriera spesso attorcigliata al Festival. Ci sono big del passato e recenti come Ermal Meta e Diodato nati con il Festival. La cosa più complicata è stata reperire il tempo dei vari artisti perché quelle riportate nel libro non sono interviste, ma condivisione di ore, di pranzi, di weekend e di serate con l’artista che, liberandosi dopo un primo momento di formalismo, parla di racconti e aneddoti. Questo è un libro che non fa analisi critiche o bibliografiche. Non è un almanacco con statistiche e dati. È un racconto di vittorie di Festival con storie particolari.
C’è un racconto che l’ha colpita più di altri?
Gli ultimi vent’anni di Festival li ho vissuti direttamente. I racconti più affascinanti sono quelli che si perdono nel bianco e nero della TV in cui io non c’ero o ero appena nato… sono del ’63. Quei racconti di protagonisti come Tony Dallara che vince nel 1960 ed è il primo artista che ci può raccontare la vittoria del Festival tenuto conto che quelli che hanno vinto prima di lui non esistono più, non si possono più contattare. Quelle di Bobby Solo, Iva Zanicchi, Peppino Di Capri, Nicola Di Bari, sono storie che ti emozionano perché ti portano per mano in un mondo che ti sembra impossibile che ci sia stato in cui tutti guardavano il Festival, ma l’organizzazione era abbastanza campata in aria. Il Festival diventa più riconoscibile dal ‘67 quando si trasferisce all’Ariston e la RAI inizia a trasmetterlo a colori. In quell’edizione vinta dagli Homo sapiens con “Bella da morire” un po’ storicizza la memoria di quelli che hanno la mia età che iniziano a ricordarsi delle edizioni anche ricollegandole alle varie scenografie.
Il Casinò di Sanremo prima e il palco dell’Ariston poi sono stati lo specchio della società e dell’Italia in evoluzione. Come sarà il Festival quando raggiungerà la sua centesima edizione?
Sono stati 74 anni di storia del nostro Paese che dal dopoguerra arriva al 2024. Saranno necessarie altre 26 edizioni per arrivare alla centesima. Non sono neanche così tante rispetto ad una così lunga vita che il Festival ha già passato. Un gioco che mi piace spesso fare è, quando penso a un evento passato, ricordare chi in quell’anno ha vinto il Festival di Sanremo. Nel 1980 vince Toto Cotugno con “Sono noi”. Ricordando quell’edizione ti ricordi come ci si vestiva, come si parlava, come si ragionava, qual era l’umore. I Festival degli anni ’70 erano con un clima cupo. Negli anni ’80 c’è un clima di rinascita. L’edizione numero cento? Sarà gestita dall’intelligenza artificiale.