Ricordando Teresio Olivelli, compagno di prigionia di Odoardo Focherini
Ricorre oggi, martedì 16 gennaio, la memoria del Beato Teresio Olivelli martire, colui che assistette Odoardo Focherini nell’ora della morte. E’ grazie a Olivelli, che tramandò le ultime parole dell’amico Odoardo ad un altro deportato, che ci è giunto il “testamento spirituale” di Focherini
di Virginia Panzani
Teresio Olivelli
Ricorre oggi, martedì 16 gennaio, la memoria liturgica del Beato Teresio Olivelli martire, colui che assistette Odoardo Focherini nell’ora della morte. E’ grazie a Olivelli, che tramandò le ultime parole dell’amico Odoardo ad un altro deportato, il maresciallo Salvatore Becciu, che ci è giunto il “testamento spirituale” di Focherini.
“Non posso lasciarli soli…”: martire a Hersbruck
Nato a Bellagio (Como), il 7 gennaio 1916, Teresio Olivelli si trasferisce con la famiglia prima a Zeme e poi a Mortara (Pavia). Partecipa intensamente alle attività dell’Azione cattolica, della Fuci e della San Vincenzo. Laureatosi nel novembre 1938, si trasferisce all’Università di Torino come assistente della cattedra di diritto amministrativo. Inizia una stagione di grande impegno socio-culturale, caratterizzato dallo sforzo di inserirsi criticamente all’interno del fascismo mediante la forza delle proprie idee ispirate al cristianesimo. Questo tentativo di “plasmare” il fascismo è finalizzato unicamente ad affrontare un’emergenza: la costruzione di una società migliore. Sarà la stessa istanza che porterà, in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, nell’esperienza di partigiano contro le forze nazifasciste, dopo la partecipazione, come ufficiale degli alpini, alla disastrosa campagna di Russia. Arrestato nell’aprile 1944, è deportato in ben quattro lager, Fossoli, Bolzano-Gries, Flossenburg, Hersbruck. Già destinato a Kottern – un sottocampo di Dachau, dove in officina e negli uffici la vita era meno pesante – decide di aggiungersi ai meno fortunati inviati a Hersbruck, dove si lavorava nelle cave e la morte era quasi certa. Motiva così la sua decisione: “Non posso lasciarli soli, vado con loro”. Resiste con fede, fortezza e carità, sempre animando e difendendo i compagni di prigionia. La morte, a ventinove anni, il 17 gennaio 1945, a meno di un mese da quella di Odoardo Focherini, avviene in seguito ad un violento calcio al ventre inflittogli mentre cercava di proteggere un altro deportato brutalmente pestato. Insignito della medaglia d’oro al valor militare alla memoria, Olivelli è stato proclamato Beato dalla Chiesa Cattolica il 3 febbraio 2018 a Pavia.
Il legame tra Olivelli e Focherini
La testimonianza di Franco Varini, sopravvissuto ai lager, ha permesso di ricostruire come Olivelli, riuscito a scampare all’eccidio del poligono di tiro di Cibeno di Carpi del 12 luglio 1944, fosse stato nascosto e sfamato da Odoardo Focherini nel campo di Fossoli. Come ha ricordato la storica Maria Peri, nipote di Focherini – in un’intervista rilasciata a Notizie in occasione della beatificazione di Olivelli – “di ciò si trova traccia nelle richieste di cibo che mio nonno indirizzò ai genitori in quei giorni: la madre, stupita, si chiese perché la quantità richiesta fosse aumentata. Possiamo immaginare che quel cibo in più fosse per Olivelli”.
Un’altra traccia da cui si intravvede il legame fra i due è, sottolinea Maria Peri, nelle “due lettere alla moglie di Odoardo scritte in tedesco e spedite dal campo di Hersbruck, nonostante agli italiani, in quanto traditori, fosse vietato scrivere. Si è constatato che la grafia è quasi certamente quella di Olivelli, che conosceva molto bene il tedesco, facendo anche da interprete per i compagni di prigionia. E’ verosimile pensare che con questi scritti Olivelli abbia voluto aiutare Odoardo, ricambiando con gratitudine quanto l’amico aveva fatto per lui a Fossoli”.
Ed è infine Teresio Olivelli che tramandò le ultime parole di Focherini. “A Fossoli – spiega Maria Peri – Odoardo ebbe modo di conoscere un gruppo di antifascisti cattolici, laici e sacerdoti, fra cui anche Olivelli, appartenenti alla Fuci e all’Azione cattolica, in cui si inserì partecipando alla recita clandestina del Rosario e alla meditazione quotidiana del Vangelo. Si creò, dunque, fin dall’inizio una particolare sintonia fra i due, divenuta poi amicizia e stima. Mi piace pensare – conclude – che se Odoardo, nel ‘campo di annientamento’ di Hersbruck, come lo chiamavano gli stessi nazisti, ebbe la forza di pronunciare in punto di morte parole da uomo è perché in quell’infermeria aveva al suo fianco proprio Olivelli”.
Odoardo Focherini