Tempo di Avvento: una candela ed una tazza di thé
Masi cho, una rubrica a cura di don Luca Baraldi
Nei racconti degli anziani che hanno vissuto nel grande nord la loro giovinezza il secolo scorso, spesso mi è capitato di ascoltare episodi di tragedie scampate. Ho sentito dalle loro labbra storie di viaggi di centinaia di chilometri, durante il buio e freddissimo inverno, con semplici slitte trainate da cani, che stavano per trasformarsi in tragedie a motivo di improvvise tempeste di neve o della di perdita di direzione del percorso. Ed ogni volta, come una specie di ritornello, ciò che ha permesso alla vita di questi uomini di essere salvata è stata una semplice candela ed una tazza di the.
Infatti, il fatto di aver potuto vedere in lontananza una piccola luce, prodotta da un lume che qualcuno aveva acceso accanto alla finestra della propria cabina – utilizzata come riparo nei periodi di caccia e trapping – ha permesso a tanti viaggiatori di trovare un luogo di rifugio, quasi sempre accompagnato da una tazza di the bollente offerto da chi aveva aperto la porta agli smarriti viandanti.
A me pare che in queste storie, spesso così simili l’una all’altra, e pure uniche, ci sia una bella lezione sul senso del vigilare offerta proprio dai due semplici elementi del moccolo acceso e della bevanda calda. A dispetto di quanto solitamente si è portati a pensare chi veglia non lo fa per sé; ma perché sa che qualcuno potrebbe avere bisogno di quella presenza discreta, non eclatante, ma efficace di noi, come i viaggiatori della fiammella alla finestra.
Allo stesso modo ci è detto che la vigilanza non è un atteggiamento di austerità burbera, un esercizio di ascesi auto riferita, ma di conviviale e calda accoglienza, capace di rianimare chi nella vita ha sperimentato lo smarrimento e la freddezza. Pensando alla chiesa del nostro tempo – specie alla luce degli abusi di ogni genere che l’hanno caratterizzata in tante sue dinamiche e strutture, oltre che nei suoi membri – credo che ci sia un bisogno radicale di ritorno a quella vigilanza che, seppur senza grandi mezzi o senza la pretesa di indirizzare tutto e tutti, offre luci di speranza e calore di fraternità.
Ed allora: in previsione del Natale perché non accendiamo una candela alle nostre finestre, così da ricordare la nostra vocazione di sentinelle? Perché non tenere pronto il necessario per ospitare chi bussa alla nostra porta? Ritroveremo, sono sicuro, in questi incontri la gioia e la grazia della nostra identità offertaci dalla presenza di Chi viene a noi.