L’importanza del cane aiuto prezioso dell’uomo con qualche esagerazione
In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani.
Chiedo ad Emma quale regalo vorrebbe per le prossime festività. È piccola, ma sa già molto bene quello che vuole. La risposta, puntuale come il ritornello di una pubblicità è sempre identica: voglio un cane. La razza magari cambia, aprendo ad un ventaglio di ipotesi, ma la sostanza rimane. Si fa presto, non senza un certo moralismo, a gridare alla solitudine dei figli unici, che compenserebbero con gli animali l’assenza di fratelli. È un’ipotesi, ma spesso bislacca, perché i bambini del giorno d’oggi vivono caso mai un eccesso di socializzazione. Tra scuola, sport, danza, musica… la loro vita sembra fatta a spicchi, che finiscono in bocca alle varie agenzie, le quali si contendono il loro tempo e i denari dei loro genitori. E allora perché i bambini desiderano un cane?
Studi recenti confermano quello che sosteneva il celebre cartone animato, La carica dei cento e uno, in cui il cane Pongo, dovendo trovare un suo simile per fare compagnia a Rudy, scrutando dalla finestra, vede che i cani che passano hanno tratti somatici assai simili a quelli delle loro padrone li portano a spasso. È la scienza a dirci oggi il perché questi animali sono così preziosi e affettivamente vicini all’uomo, dando ragione a Darwin quando diceva che anch’essi hanno dei sentimenti e una qualche forma di intelligenza, capace di assimilare emozioni e comportamenti umani.
Se la domesticazione dei lupi, da cui derivano i canidi, avviene circa 15 mila anni fa, quando l’uomo da nomade diventa sedentario e agricoltore, è proprio l’intervento umano a iniziare la selezione di quegli animali che riproducono atteggiamenti simili a quelli dell’uomo, dando inizio alla diversificazione delle razze. Queste, altro non sono che la riproduzione genetica tra animali con sensibilità e caratteristiche simili. Addirittura, gli esperti sostengono che anche il modo diverso di abbaiare, non sia nient’altro che una forma di linguaggio con cui essi esprimono messaggi diversi, in una specie di emulazione del nostro linguaggio. Volendo parlare oggi di questo animale, va detto che la civiltà ha fatto passi da gigante verso di loro, facendo crescere una forma di rispetto, impensabile in passato.
Siamo passati dal cane alla catena, messo a fare il poliziotto di cortile, ad un suo impiego sempre più dignitoso e meritorio. E non penso tanto al cane da caccia o da pastorizia. Per quest’ultimo impiego basterebbe vedere dieci cani in azione con cinquemila pecore. Da restare a bocca aperta! Oggi il cane trova impiego nella terapia con ammalati particolari, servizio ai non vedenti, cani da valanga, servizio di ricerca di gente sepolta sotto le macerie, fino ai cani bagnino che ogni estate salvano vite umane, senza neppure la pretesa di un grazie.
Ultimo, ma non per importanza, rimane il ruolo sempre più diffuso del cane da compagnia. Ed è eventualmente su questa frontiera che oggi potremmo interrogarci sui rischi che potrebbero correre i cani del domani, assimilando i nostri umori e sensibilità. Cani portati a spasso o al ristorante con carrozzine da bimbi, con vesti sempre più ricercate e costose, cerimonie di compleanno e di… fidanzamento (leggi accoppiamento), tutto questo racconta qualche patologia umana che potrebbe presto trasmettersi al sentire dei nostri amici a quattro zampe. Uno studio, apparso sulla prestigiosa rivista Genetics, ha rivelato che in condizioni di grande intimità affettiva, i genomi umani e quelli dei cani finiscono per assimilare informazioni analoghe. Finiremo per avere cani viziati come adolescenti mal riusciti? La sfida è solo all’inizio.